Human Rights Watch e l’ennesimo report bugiardo su Israele e la presunta apartheid. Succede spesso, due o tre volte all’anno. Qualche agenzia dell’Onu, qualche relatore speciale (fa più fino dirlo in inglese: “special rapporteur”), esperto indipendente e gruppo di lavoro sempre dell’Onu, di uno dei suoi comitati o dell’Unione Europea, qualche organizzazione non governativa, associazione benefica o gruppo politico, qualche professore universitario, giurista o sociologo, qualche giornalista di inchiesta o inviato di televisione si sveglia una mattina e tira fuori un comunicato, un rapporto, una relazione, un articolo che spiega al mondo quant’è cattivo Israele: Israele uccide i bambini (il caso Al Dura); li imprigiona; preleva gli organi dai palestinesi che uccide apposta; pratica l’apartheid; ruba case e terreni; pratica l’usura; provoca la guerra; diffonde pornografia e corruzione; naturalmente domina il mondo, in particolare i media; attraverso la “lobby ebraica” controlla gli Stati Uniti; si è inventato la Shoah per opprimere gli arabi; usa l’etichetta dell’antisemitismo per impedire le critiche; ha creato l’Isis e Al Qaeida per dividere il mondo islamico, compie orribili crimini di guerra, tiene prigioniero il Mandela palestinese e tanti altri, cerca di far crollare la Moschea di Al Aqsa e impedisce ai musulmani il godimento esclusivo di ciò che è loro da sempre, cioè il monte del Tempio; vuole invadere i paesi vicini perché ama fare la guerra e pretende un impero dal Nilo all’Eufrate; eccetera, eccetera, eccetera. Scusatemi se ho dimenticato qualcosa, la lista si può allungare a piacimento. E perdonatemi se ho scritto “Israele” e non “gli ebrei”, “i coloni”, “i sionisti”: si sa che sono termini intercambiabili.
Non vi farò qui la storia di questi interventi né l’elenco dei loro autori: la televisione francese per Dura, un giornale svedese per l’espianto degli organi, la Corte dell’Aja e Richard Falk per i crimini di guerra, i sindaci di Palermo e di Napoli per Barghouti-Mandela, un gruppo di intellettuali fra cui gli italiani Sullam, Ginzburg Pisanty per la definizione di antisemitismo… basta chiedere a Google i link per ognuna delle accuse che ho riportato, e trovate centinaia di articoli che ne parlano. Perché i giornali in genere sono felicissimi di diffamare Israele, in particolare quelli “progressisti” (quasi tutti) e cattolici. A che serve questa serie di ridicole e luride diffamazioni? Beh, intanto chi le fa si sente buono e giusto a combattere contro il “colonialismo” e il “razzismo”, magari aiutato da qualche generosa sovvenzione che i paesi nemici di Israele non negano mai ad università, associazioni, singoli “intellettuali”. E poi lo sapeva benissimo il Don Basilio del “Barbiere di Siviglia”: “La calunnia è un venticello/ Un’auretta assai gentile / Che insensibile, sottile,/ Leggermente, dolcemente / Incomincia a sussurrar/” finché “ il meschino calunniato,/ Avvilito, calpestato, / Sotto il pubblico flagello / Per gran sorte ha da crepar.” Questo almeno sperano antisemiti e odiatori di Israele. Detto in altri termini, con Goebbels, “una menzogna rupetuta tante volte diventa verità.” E’ quel che gli ebrei hanno subito per millenni, spesso con accuse molto simili.
Senza fermarci sul passato, veniamo all’ultima calunnia, che ha avuto largo spazio sui giornali nei giorni scorsi. Una organizzazione non governativa molto controversa, “Human Rights Watch” (HRW), criticata anche dal suo fondatore Robert Bernstein per essere diventata una macchina di diffamazione contro Israele, sotto la direzione dell’attuale direttore esecutivo Kenneth Roth, ha pubblicato un rapporto di 217 pagine e 863 note finali per accusare Israele di essere “uno stato di apartheid” (naturalmente) e di “persecuzione” che commette “crimini di guerra” e “gravi abusi” contro gli arabi. Nel testo non ci sono novità fattuali, gli argomenti sono i soliti: i “coloni” abusivi, l’“eccesso di reazione” al terrorismo, l’occupazione… L’attacco di HRW si estende però alle fondamenta stessa dello Stato di Israele, cioè all’idea di una patria nazionale del popolo ebraico, anche se proprio il riconoscimento di quest’esigenza è stata alla base del Mandato Britannico e poi della costituzione dello Stato di Israele, secondo le delibere della Società delle Nazioni (1922) e dell’Assemblea Generale dell’Onu (1947). Per Human Rights Watch invece questa è apartheid e discriminazione, anche se quasi tutti gli stati nazionali riconoscono che ci sia un diritto alla cittadinanza da parte delle persone che appartengono alla nazionalità dello stato.
Nessuna meraviglia, del resto. La campagna di HRW contro Israele risale ormai a molti anni fa e anche l’estensore del documento, Omar Shakir, è un attivista del boicottaggio anti-israeliano, (BDS) che è stato espulso da Israele due anni fa proprio per questa ragione.
Che fare di fronte a questo attacco? Innanzitutto capirlo criticamente, non pensare che sia una sentenza pronunciata da un’autorità neutrale, ma un atto politico di “guerra legale” (lawfare). E cercare di spiegare a chi ci casca la verità, invitandolo magari, quando sarà possibile, ad andare in Israele e vedere con i suoi occhi quanto sia ridicola l’accusa di apartheid in un paese dove tutti i cittadini godono di uguali diritti politici, sociali, legali, quale che sia la loro nazionalità e religione.