Hamas pubblica video choc di un prigioniero israeliano malato di mente

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“Il video è un atto odioso e disperato”. A dirlo è il premier israeliano Naftali Bennett in merito al filmato di quaranta secondi trasmesso da Hamas, che ritraeva Hisham al-Sayed, un cittadino israeliano beduino con dei gravi problemi di salute mentale, prigioniero dell’organizzazione terroristica che guida la Striscia di Gaza dal 2015.

La storia di Hisham al-Sayed è molto particolare. Nel 2010 e nel 2013, il giovane entrò volontariamente a Gaza. Venne rimandato in Israele per evidenti problemi di cui sopra, che non potevano far sospettare nulla.  

Nel 2015, però, il ragazzo incappò nello stesso errore, non trovando la stessa reazione dei palestinesi che, a differenza dei primi due episodi, decisero di trattenerlo.

Qualcuno ha ipotizzato che Hamas voglia ripetere quanto successo nel 2011 con Gilad Shalit, il soldato israeliano liberato dall’organizzazione terroristica in cambio di 1027 terroristi palestinesi detenuti in Israele. 

Hisham non è un soldato “ma un cittadino israeliano con disturbi mentali”, come ha ricordato l’ufficio del primo ministro israeliano.

Il video trasmesso da Hamas mostra tutta la sofferenza del giovane, immortalato in un letto d’ospedale e collegato a una macchina per l’ossigeno.

Ai dubbi sollevati sulla datazione del filmato ha risposto dal Time of Israel, secondo cui le immagini trasmettono un servizio di Al Jazeera del 21 giugno scorso.

I dettagli della sofferenza mostrati in maniera volontaria da Hamas ha colpito non poco l’opinione pubblica israeliana, ma avrebbero dovuto indignare tutti, nessuno escluso. E invece la notizia è passata come una qualsiasi.

Nelle mani di Hamas c’è un altro cittadino israeliano affetto da malattia mentale. Il suo nome è Avraham (Avera) Mengistu, un ebreo di provenienza etiope che nel settembre 2014 oltrepassò il confine tra Israele e la Striscia di Gaza, venendo trattenuto da Hamas.

Hamas specula sulla morte, sulla sofferenza e sul dolore dei familiari delle vittime per ottenere “qualcosa”, ma ancora diversi paesi lo ritengono un interlocutore credibile per la pace.

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