Hamas ha giustiziato cinque palestinesi, due per spionaggio in favore di Israele, gli altri tre per omicidio. A dichiararlo è stato lo stesso gruppo terroristico, che ha fucilato i due presunti collaborazionisti con lo Stato ebraico e impiccato gli altri tre per l’uccisione di un uomo, reato per cui i diretti interessati era stati arrestati solo poche settimane fa:
“Domenica mattina la sentenza di pena di morte è stata eseguita contro due condannati per collaborazione con l’occupazione e altri tre per vicende penali. L’esecuzione è stata eseguita dopo la conclusione di tutte le procedure legali. Le sentenze erano state definitive, con attuazione obbligatoria, dopo che a tutti i condannati erano stati concessi pieni diritti di difesa”.
Questo il comunicato di Hamas, che ha permesso a diverse persone di assistere all’uccisione dei cinque individui, avvenuta nel cortile di un commissariato della polizia a Gaza City.
L’episodio di condanna a morte è stato criticato sia da gruppi per i diritti umani (internazionali e palestinesi), nonché dall’Onu, il cui portavoce dell’Ufficio per i diritti umani, Ravina Shamdasani, ha affermato:
“Condanniamo l’esecuzione di cinque prigionieri a Gaza ed esortiamo le autorità de facto nella Striscia a stabilire una moratoria su tutte le esecuzioni. Chiediamo di adottare misure efficaci per abolire la pena di morte in tutto il suo territorio”.
Con queste cinque, sono salite a ventisette le condanne a morte messe in pratica dal gruppo terroristico di Hamas dal 2007, anno da cui controlla la Striscia di Gaza.
Quanto avvenuto a Gaza, dovrebbe far pensare e non poco. Qui non c’entra la difesa nei confronti di Israele, a essere tirate in ballo devono essere le condizioni di vita dei palestinesi, sfruttati da Hamas solo per tornaconti di potere ed economici.
Quando tutta la Comunità Internazionale smetterà di girare la testa dall’altra parte?