Hamas ha condannato a morte 7 palestinesi di Gaza, considerati “collaborazionisti” di Israele e altrettanti ai lavori forzati per 25 anni.
Ma come avviene sempre più spesso nella Striscia, l’organizzazione terroristica ha deciso senza il parere del presidente dell’Autorità palestinese, contravvenendo alla legge palestinese.
Per i più distratti, quindi, Hamas che si eregge a paladino dei diritti dei palestinesi, non ne rispetta la legge. E la Comunità internazionale ancora ritiene possibile che simili terroristi possano essere partner con cui parlare per la pace in Medio Oriente.
Se Hamas non rispetta la stessa legge palestinese, perché dovrebbe rispettare “altre” leggi?
Hamas che tramite il suo tribunale ha fatto sapere i motivi per cui lo scorso 6 agosto ha emesso le sette condanne a morte: fornitura di informazioni a Israele sui gruppi armati palestinesi di Gaza in cambio di denaro. Tra queste informazioni figurerebbero, nomi, indirizzi, numeri di telefono e depositi di armi. A riferirlo è stata l’agenzia Maan News.
Sempre secondo il tribunale di Hamas, a uno dei condannati a morte sarebbe stato concesso un permesso per lavorare in Israele in cambio di informazioni.
Negli ultimi anni, diversi analisti sono arrivati a sostenere che Hamas strumentalizzi le condanne a morte per collaborazionismo con Israele per liberarsi di nemici interni, distogliendo così lo sguardo verso lo Stato ebraico anziché guardare in casa.
In casa dove la situazione non è affatto agevole per Hamas, finita sul banco degli imputati nelle proteste di piazza della scorsa settimana Gaza, causa la mancanza di energia elettrica e gas.