Lasciare Gaza per gli arabo-palestinesi della Striscia è questione di soldi. A decidere il destino delle persone in fuga sono Hamas, una controversa agenzia di viaggi e l’Egitto che almeno ufficialmente, così come la Giordania, non accetta rifugiati palestinesi, in spregio alle convenzioni internazionali.
Fiumi di soldi, anzi un mare che entrano nelle casse di terroristi e altri soggetti poco definiti. Se la situazione non fosse drammatica, verrebbe da dire che “From river to the sea” si riferisca alle ingenti somme di denaro che gli arabo-palestinesi sono costretti a sborsare per arrivare in Egitto.
Esiste un tariffario preciso, pubblicato online per chi vuole scappare dalla Striscia e cerca un futuro migliore nel paese cerniera tra Asia e Africa: 2.500 dollari per i minori di anni 16 anni; 5.000 dollari per gli altri, 10.000 per gli adulti. Prezzi più bassi per chi possiede un passaporto egiziano, tra i 650 e i 1.200 dollari.
La tratta che dal valico di Rafah, al confine tra Gaza ed Egitto, porta al Cairo è gestita in esclusiva dalla compagnia di un imprenditore egiziano, molto vicino ad al-Sisi, con il benestare di quegli antisemiti di Hamas, che vendono il popolo palestinese per i propri guadagni.
Partiamo da un base incontrovertibile. Nella Striscia di Gaza quasi non si muove foglia che Hamas non voglia. Va da sé, quindi, che i viaggi verso il Cairo abbiano il consenso del gruppo terroristico.
Con Hamas termina la prima tappa del nostro viaggio che si ferma a Rafah, tratto di terra che divide Gaza dall’Egitto.
Qui chi ha sborsato fiumi e mari di denaro viene accolto da “Hala”, una delle branche della società “Abnaa Sina” (Figli del Sinai), che ufficialmente è una compagnia di costruzioni e appalti, ma non si sa come e perché riesce a svolgere l’attività di agenzia di viaggio.
Per la proprietà di questa compagnia/agenzia di viaggi dobbiamo scomodare l’uomo d’affari Ibrahim al-Organi, che grazie al “Gruppo Organi” è uno dei più potenti del Sinai, dove controlla una sua milizia. Un presente florido che lo vuole addirittura uno dei più stretti alleati del presidente egiziano al-Sisi, in barba a quel passato zoppicante che l’ha visto visitare anche il carcere. “Hala”, poi, prende in consegna i pagatori arabo-palestinesi e li porta al Cairo. Cairo che vuol dire al-Sisi.
Lasciare Gaza per gli arabo-palestinesi della Striscia è una mera questione di soldi. A decidere il destino degli arabo-palestinesi sono i loro fratelli e cugini di Hamas e d’Egitto, con un anello di congiunzione che fa capo a un uomo che ha buoni rapporti con i terroristi di Gaza e ancora migliori con il presidente in carica dal 2014.
A questo punto, possiamo sostenere che Hamas ed Egitto dividano i loro amari arabo-palestinesi in due gruppi diversi: quelli con i soldi “meritevoli” di avere un futuro migliore e quelli senza soldi che devono pagare la colpa non potendo migrare.