Nella cultura e nel mondo ebraico i bambini e gli anziani assumono un posto di rilievo. Giusto per fare un esempio, quando ci sono poche risorse, i servizi a cui dare la priorità sono le scuole e le case di riposo, mentre tutto il resto passa in secondo piano. Cosa c’è di meglio, allora, che collegare le due generazioni che rappresentano la nostra storia e il nostro futuro avvalendosi dei vantaggi offerti dalla tecnologia moderna?
Ci ha pensato Gideon Fruchter che, originario di Herzliya, si è trasferito recentemente nel New Jersey negli Stati Uniti, dove ha stabilito la base operativa del progetto Ha-Ve-Da. Ad ispirarlo sono stati i suoi due figli che periodicamente intrattenevano lunghe conversazioni con la loro nonna rimasta oltre oceano. Gideon, allora, ha cominciato a proporre a diverse comunità ebraiche americane di mettere in contatto i giovani studenti locali e/o di origine israeliana che volevano migliorare la conoscenza della lingua ebraica con gli anziani che vivono nelle loro abitazioni o nelle case di riposo in Israele. Questi ultimi generalmente, nella loro lunga esistenza, hanno avuto molte esperienze e hanno tanto da raccontare. Alcuni di loro sono quindi felici di trovare orecchie giovani disposte ad ascoltarli e a porre loro domande sul loro trascorso.
HaVeDa, con il programma “chit chat”, provvede a soddisfare contemporaneamente le due esigenze. Usando un computer ed entrando nel sito www.ha-ve-da.com, ci si può iscrivere inserendo il proprio nome, cognome, età, livello di ebraico (da 1 a 10 dove 10 rappresenta il massimo della conoscenza) e un commento. Una volta completato il modulo si verrà contattati al più presto. Nel sito sono presenti alcuni suggerimenti che aiutano a condurre una conversazione, dalla rottura del ghiaccio a come rispondere ad una domanda senza affossare lo scambio, in modo tale, ovvero, da rendere il dialogo interessante.
Il primo contatto è avvenuto tra una classe di Austin in Texas e una casa di risposo a Hertzliya. Per alleviare l’imbarazzo iniziale e facilitare l’approccio era stato dato un questionario ai partecipanti. Uno dei momenti più commoventi è stato quando uno dei bambini ha chiesto: “Se potessi tornare indietro nel tempo, dove andresti?”. La risposta è arrivata da un’anziana signora, sopravvissuta alla Shoà: “Tornerei nel campo di concentramento per poter salutare per l’ultima volta i miei genitori.” Il ragazzino è rimasto sorpreso e, preoccupato di averla offesa, ha immediatamente chiesto perdono. L’anziana ha replicato: “Non c’è bisogno di scusarsi. Da allora io sono riuscita a riprendere a vivere: ho avuto figli e nipoti e una casa in Israele. Mi sono costruita un’esistenza piena e felice.” In un modo molto semplice e in pochi secondi così intensi dal punto di vista emotivo, si è creato un legame tra due persone che hanno esperienze completamente diverse.
Ora il prossimo obiettivo del progetto HaVeDa è quello di coinvolgere sempre più scuole americane e case di riposo israeliane. Si stima, infatti, che negli USA vivano oltre cinquecentomila israeliani che potrebbero rivelarsi in gran parte interessati. Non solo, Fruchter conta di diffondere l’iniziativa anche in altri Paesi, usando lingue diverse: ha già ricevuto richieste da istituzioni greche che vorrebbero aiutare i figli dei propri emigranti negli Stati Uniti e si è detto disponibile ad estenderlo anche in Italia.