Gal Gadot, Cleopatra e la nuova forma di razzismo proveniente da sinistra

Ugo Volli
Ugo Volli
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pregiudizio antisraeliano

Gal Gadot, Cleopatra e la nuova forma di razzismo proveniente da sinistra

Come probabilmente avrete letto, c’è stata un’ondata di proteste alla notizia che Gal Gadot interpreterà il ruolo di Cleopatra in un film di prossima produzione. Come si permette un’attrice ebrea di recitare nei panni di una regina d’Egitto? Il ruolo può essere ricoperto solo da un’attrice araba, o magari nera, dato che si tratta pur sempre della regina di un paese africano! Così hanno obiettato in coro giornali arabi e media politically correct, di quelli che si autodefiniscono “woke” cioè svegli, ma sono l’espressione della più cupa ideologia contemporanea. Sono obiezioni ridicole, ma non fa meraviglia leggerle nel tempo in cui la Disney pubblica le sue scuse per il razzismo dei suoi film più famosi: “Gli Aristogatti ad esempio recano l’avvertenza perche’ mostrano un gatto con il muso giallo che suona il piano con i tipici bastoncini cinesi per mangiare mentre in Peter Pan gli indiani d’America sono chiamati ‘pellerossa’ considerato attualmente un insulto razzista. Anche Lilli e il vagabondo ha diversi riferimenti razzisti nonché stereotipi”.

Alcuni hanno lodevolmente obiettati che in realtà Cleopatra non era nera, neppure araba (dato che gli arabi invasero l’Egitto solo sette secoli dopo la sua morte) e neppure egizia (figlia cioè di quel popolo che fu soppiantato dagli arabi, i cui soli eredi legittimi sono oggi i copti), perché apparteneva alla famiglia regnante dei Tolomei, fondata da un generale di Alessandro Magno e fortemente endogamica. Era dunque greca e, sia detto per inciso, poco amica degli ebrei. Ma dire questo assolve la bella e brava Gal Gadot che è ebrea e israeliana. Il ruolo dev’essere assegnato a un’attrice greca? Ma scusate: di Cesare e di Marco Antonio, che saranno personaggi importanti nel film non si parla? Devono assolutamente essere italiani, anzi romani. E devono esserlo anche in qualunque recita del “Giulio Cesare” di Shakespeare. Ma a proposito del bardo: e Amleto? Com’è che ci sono degli attori americani o italiani possono interpretare il prence, pur non essendo danesi? Io ricordo una splendida edizione di Gassman, ma lo feceero anche Albertazzi in Italia, Richard Burton in Gran Bretagna, perfino Sarah Bernardt, ebrea e donna… E Shylock non dev’essere ebreo, possibilmente un ebreo veneziano, Giulietta veronese, e Otello, lui sì, solo “moro” (chissà se arabo o nero…)? O forse devono essere tutti inglesi, dato che Shakespeare era di Stratford upon Avon. O forse no, la denominazione di origine controllata vale solo per gli “oppressi” (cioè per quelli che sono simpatici alla sinistra) e dunque protegge Cleopatra in quanto araba, lo fosse o meno; sconsiglia qualunque edizione di “Otello”, perché la sua morità non fa una bella figura, ma non tutela per niente ragazze veronesi, senatori romani e tanto meno ebrei, sempre sospetti di quel crimine imperdonabile che si chiama sionismo.

Diciamocelo, sono sciocchezze. Esempi particolarmente ridicoli di quella teoria razzista che nel gergo accademico recente dei paesi anglosassoni si usa chiamare “critical race theory” o addirittura pomposamente “intersectionality”. Un atteggiamento razzista, perché giudica le persone non individualmente, ma sulla base di alcuni tratti fisici come il colore della pelle e su questi pretende di collocarle. Per esempio, è normale nelle università e nella politica americana sostenere che “tutti i bianchi sono razzisti”, in quanto “bianchi”, come un tratto ereditario. E’ una teoria particolarmente pericolosa, perché trasforma l’antirazzismo (il rifiuto che qualunque persona perbene sente delle orrende posizioni del nazifascismo, del Ku Klux Klan ecc.) in strumento di un nuovo razzismo, che naturalmente sconfina subito nell’antisemitismo.

La risposta giusta al ridicolo scandalo contro Gal Gadot prossima Cleopatra non è dunque quello di precisare, giustificare, ammorbidire. Bisogna dire a chi soffia sul fuoco del risentimento razzista che gli esseri umani sono tutti uguali, che non esiste monopolio sulla cultura, che chi fa questione di pelle o di DNA per stabilire la legittimità dei discorsi e delle interpretazioni artistiche, anche se crede di essere di sinistra, è un erede di Rosenberg e di Streicher, un piccolo nazista rosso (o nero, se del caso).

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