Gli ebrei sono in fuga dalla Francia, diventata il primo paese d’origine degli “olim”, gli immigrati in Israele. Negli ultimi dieci anni, infatti, sono 40mila, un decimo del totale, gli ebrei che hanno abbandonato la Francia. Questo autoesilio lascia indifferenti la maggior parte dei transalpini. A rivelarlo è l’Ipsos, il principale centro di sondaggi francesi, che ha diffuso un rapporto dal titolo “Evoluzione delle relazioni con l’altro nella società francese”, da cui è emerso che solo il 30% si è detto contrariato e c’è addirittura chi si è dichiarato “contento”.

L’indagine, inoltre, ha fatto registrare un altro dato da non sottovalutare: sei milioni di musulmani francesi (50%) nutre sentimenti “antisemiti”. Musulmani con cui il candidato socialista all’Eliseo, Benoit Hamon, ha più di un legame a differenza del suo avversario, Manuel Valls, convinto che non possa “esserci una Francia senza ebrei” e che la lotta al fondamentalismo islamico sia un caposaldo della laicità.

Nel corso delle primarie socialiste, in una dichiarazione rilasciata a Libération un ministro aveva chiamato Hamon “il candidato dei Fratelli musulmani”, che ha definito il sostegno alla “causa palestinese” come “il modo migliore per recuperare l’elettorato nelle nostre periferie”.

Il suo portavoce Alexis Bachelay, deputato dell’Hauts-de-Seine, partecipa alle serate del Collectif contre l’islamophobie en France. Non solo perché Bachelay sostiene che Israele sia come “il Sudafrica prima del rilascio di Mandela” e che la mostra del comune di Parigi “Tel Aviv sulla Senna” non sia altro che una “Pretoria-sur-Seine”:

“Dato ciò che sta accadendo in Palestina, il regime di Pretoria era forse più morbido dell’estrema destra che governa in Israele”.

Nel 2012 le partenze degli ebrei francesi sono state 2mila, nel 2013 3mila, nel 2014 7.231 e 8mila nel 2015, anno in cui l’Hypercacher è stato oggetto di un attentato terroristico islamico. Tutto questo fra l’indifferenza generale, il peggior peccato verso il prossimo.