Dalla legge che ne costituisce reato alla sponsorizzazione su Instagram. La parabola del fascismo in Italia è tutt’altro che in fase discendete. La legge del 20 giugno 1952 n. 645, anche detta legge Scelba, non basta a combattere un fenomeno sempre più in ascesa, soprattutto fra i giovani.
L’articolo 1 della suddetta legge recita:
“Quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”.
La normativa però impedisce di punire sia coloro che inneggiano al fascismo sui social network sia chi vende gadget ispirati al Ventennio o al Duce.
Come ne caso del post sponsorizzato su Instagram in cui viene formulata la domanda: “Vorreste il ritorno del Duce? Era il male assoluto o un grande statista?”. Partecipando al sondaggio, inoltre, è possibile vincere un calendario 2017 o un’agenda storica dedicati a Benito Mussolini.
Medesima impotenza nei confronti di alcune pagine Facebook, fra le quali Giovani Fascisti Italiani, che conta quasi 70mila iscritti, che inneggiano al Duce e si domandano come sarebbe oggi l’Italia se non fosse stato ucciso e nei confronti della manifestazione della scorsa settimana a Genova, che ha visto un vero e proprio raduno fascista in grande stile.
Che una legge del 1952 sia assolutamente inadeguata a giorni nostri è presto detto. Andrebbe modificata, ampliata e soprattutto contestualizzata in un’epoca in cui chiunque abbia accesso a internet può diventare un opinion leader.
Ma che dire di quei giovani che evocano il Fascismo come la panacea di tutti i mali, mostrandosi nostalgici di un periodo che non hanno vissuto? Non è solo un problema di anagrafe, ma di cultura e di storia, che l’Italia sembra aver perso.
Significativa in questo senso è stata una parte del discorso fatto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel settembre scorso ha ricordato Aldo Moro:
“Ricordiamo oggi a cento anni di distanza la nascita di un grande statista italiano. Nella sua figura, più che in quella di altri, si riassume la fatica della democrazia, opera sempre in divenire, mai definitivamente compiuta”.
“La fatica della democrazia … mai definitivamente compiuta”.