Ormai è sempre più diffusa la pratica secondo la quale le voci di corridoio vengono fatte passare per notizie dell’ultima ora, mentre i fatti accaduti realmente sono posti in secondo piano senza esser citati nei titoli. Ovviamente tutto ciò accade quando si parla del conflitto di Israele contro il terrorismo palestinese.
Ne è un esempio la Repubblica, che il 30 ottobre titola così:
<< M.O., neonato palestinese asfissiato a Betlemme da lacrimogeni di Israele>>, poi nel sommario troviamo: << Ramadan Thawabteh aveva otto mesi e si trovava nella sua casa di Beit Fajar, vicino al luogo dove oggi giovani palestinesi hanno lanciato pietre contro i soldati israeliani. Morto il giovane attentatore che nel primo pomeriggio ha pugnalato due israeliani a Gerusalemme>>.
Il giorno dopo, le verifiche dell’esercito israeliano hanno portato alla verità: i lacrimogeni non hanno nulla a che fare con la morte del bambino in quanto nessun oggetto di quel tipo è stato utilizzato nelle vicinanze della casa del povero bambino palestinese, che – ammettono i famigliari – soffriva di gravi problemi respiratori dalla nascita.
Inoltre anche nel sommario le notizie più rilevanti sembrano essere 1. giovani palestinesi che lanciano pietre contro i soldati 2. la morte del sempre “giovane” attentatore che aveva pugnalato due israeliani a Gerusalemme (giovani, vecchi? Non si sa).
Dunque l’attentato ai danni di civili israeliani da parte di un terrorista palestinese passa in quarto piano, cosa errata a livello temporale, morale e di causalità. Viene messa in primo piano una notizia completamente falsa e non verificata, e viene dato risalto a chi utilizza la violenza ogni giorno facendoli passare per ragazzetti da bar.
Quello del giornalista è un mestiere di grande responsabilità. Con il lavoro di tutti i giorni si creano opinioni e si influenzano le masse. Una cosa è certa: questo tipo di informazione non porterà mai a nulla di buono. Né in Medio Oriente, né a casa nostra.
La storia insegna.