Etichettatura per i prodotti della West Bank, l’UE si unisce di fatto al movimento di boicottaggio contro Israele

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Mario Del MonteEditor
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Etichettatura per i prodotti della West Bank, l’UE si unisce di fatto al movimento di boicottaggio contro Israele

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Israele dovrà etichettare i prodotti esportati in Europa provenienti dagli insediamenti ebraici nella West Bank. Lo ha deciso l’Unione Europea che ora sta preparando le linee guida per tale politica. La mossa è l’ennesimo segno di insofferenza della comunità internazionale nei confronti dello stallo dei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi.

I funzionari del governo israeliano respingeranno sicuramente il piano di etichettatura perché lo considerano simile a quel boicottaggio promosso dal movimento BDS che ha permesso al Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas di non tornare al tavolo dei negoziati perché legittimato dal consenso internazionale.

I palestinesi sostengono che la Cisgiordania e Gerusalemme Est sono parti del loro futuro Stato indipendente e si oppongono agli insediamenti israeliani nelle due zone dicendo che minano l’obiettivo di dividere la terra in due Stati. Attualmente il numero di ebrei che vivono in West Bank è risibile (circa cinquecentomila persone) e sono concentrati nelle zone assegnate a Israele dagli Accordi di Oslo.

L’opposizione dell’Unione Europea agli insediamenti non è nuova: l’accordo di libero scambio in vigore con Israele esclude i beni provenienti da questi settori e allo Stato ebraico è vietato spendere in Europa i fondi guadagnati con i prodotti della West Bank.

Le nuove linee guida obbligherebbero gli esportatori israeliani a etichettare i prodotti esplicitandone la provenienza in modo tale da dissuadere i consumatori a comprare quei prodotti provenienti dai Territori Contesi. Ci vorranno mesi prima che queste linee guida siano completate e molto dipenderà dalle azioni che intraprenderà il governo Netanyahu. Nel caso in cui i negoziati di pace vengano riavviati il progetto potrebbe essere abbandonato, se rimangono congelati e Israele continuasse nella costruzione di insediamenti l’Unione Europea procederebbe con questi provvedimenti. I negoziati hanno al momento pochissime probabilità di ripresa: il governo Netanyahu è imbrigliato dalle richieste dei suoi partner di governo, i palestinesi stanno portando avanti una campagna contro Israele all’interno delle organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e la Corte Penale Internazionale.

Nel frattempo il movimento popolare filo-palestinese conosciuto come BDS sembra guadagnare sempre più forza. La scorsa settimana il sindacato nazionale studentesco britannico ha approvato il movimento BDS e il CEO del gigante delle telecomunicazioni francese Orange ha affermato di voler recidere i legami commerciali con Israele per aiutare il mondo arabo. Stephane Richard, amministratore delegato di Orange, ha successivamente fatto marcia indietro e ha dichiarato che si recherà in Israele per chiarire con i leader politici.

Il Premier Netanyahu ha rivolto un appello alla comunità internazionale per far cessare la pressione sullo Stato ebraico che al momento mina qualsiasi speranza di riprendere i negoziati:

“I palestinesi usano un trucco molto elegante, si rifiutano di negoziare per aumentare la pressione internazionale su Israele, promuovono sanzioni e boicottaggi per non prendersi la responsabilità di arrivare a una soluzione mediata.”

Se la politica di etichettatura dovesse realizzarsi sarebbe un duro colpo per l’economia israeliana: l’Europa è il più grande mercato commerciale per Israele con circa quindici miliardi di dollari di merci che vengono scambiate ogni anno. I vini, cosmetici e prodotti agricoli provenienti dagli insediamenti rappresentano solo l’1,5% del volume degli scambi ma c’è il rischio che questa campagna diventi una simbolica battaglia contro Israele che raccoglierebbe il consenso di molte associazioni dai chiari intenti antisemiti pronte a boicottare tutti i prodotti dello Stato ebraico e non solo quelli degli insediamenti in West Bank. “Sarà di fatto un boicottaggio contro l’intero Stato d’Israele” è stato il commento del portavoce del Ministero degli Esteri Nahshon.

Tradizionalmente Israele ha sempre fatto ricorso ai suoi due migliori alleati, il Regno Unito e la Germania, per smussare le posizioni dell’Unione Europea ma in questo ambito è il braccio esecutivo e non gli Stati membri a decidere sul da farsi.

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