Un giorno facendo una passeggiata mi imbatto in uno dei negozi di Commercio Equo e Solidale. Il mio occhio cade subito sul ‘Caffè Palestinese’, una bevanda così ‘Equa e Solidale’ da nominare le brutalità israeliane nello spazio di solito deputato ad ospitare le istruzioni per l’uso. Dev’essere l’uso del termine ‘equo’ a generare mostri. E la malattia dell’equidistanza tracima ovunque.
Oggi l’Equidistanza miete vittime: per concedere al Rabbino Toaff il giusto inserimento nella toponomastica comunale ci dovremo beccare per un folle parallelismo che sta tutto nella testa malata di chi ci amministra, anche un giardinetto dedicato ad un terrorista, così, per una par condicio ad cazzum.
La Presidente della Comunità Ebraica di Roma scrive alla Sindaca per denunciare l’accaduto definito “offensivo e antistorico” e questa che fa? In un comunicato in cui riesce con una capriola ad inserire l’espressione “processi di pace” rinvia l’attuazione della delibera secondo il più classico dei copioni all’italiana. Non sappiamo che fare, non vogliamo scontentare nessuno, ergo non facciamo un cazzo. Un eminente livornese, la massima autorità spirituale e morale ebraica in Italia dal secondo dopoguerra dovrà aspettare perché…Virginia Raggi non vuole offendere i sostenitori del sanguinario leader palestinese.
Maledetta equidistanza.
E a chi mi dice: ‘Arafat è stato un Nobel’, rispondo: vero, gli è stato concesso per una sorta di incoraggiamento per gli accordi di Oslo, completamente disattesi da parte palestinese. La scia di morti che ha sulla coscienza in vita deve imporci di protestare per denunciare timing e sostanza di questo teatrino di delibere e controdelibere.