Ieri, come ogni anno, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha reso omaggio alla tomba di suo fratello Yoni, caduto durante l’operazione Entebbe nel 1976.
L’operazione venne messa a punto dall’esercito israeliano e dal Mossad, dopo che un commando di terroristi palestinesi appartenenti al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina dirottò un aereo Air France proveniente da Tel Aviv, giunto ad Atene e diretto a Parigi.
Dopo una prima tappa a Bengasi per il rifornimento, i terroristi ordinarono di volare ad Entebbe, in Uganda, dove liberarono circa 140 passeggeri e tennero in ostaggio 105 persone fra israeliani ed ebrei. Il personale di volo ed una suora si dimostrarono solidali agli ostaggi e si rifiutarono di abbandonare il velivolo.
La richiesta, non lontana da quelle che avanzano gli attuali terroristi palestinesi quando rapiscono soldati e civili israeliani, era di scarcerare decine di loro “colleghi” detenuti nelle carceri israeliane, più altri palestinesi prigionieri in Francia, Germania, Kenya e Svizzera.
Attraverso un’operazione notturna frutto delle migliori menti dell’Intelligence, dei piloti della famigerata aviazione e delle tecniche dei reparti speciali del Sayaret Matkal, gli israeliani riuscirono a liberare gli ostaggi ed a neutralizzare i terroristi e i militari ungandesi che appoggiavano i palestinesi.
Durante l’ultima sparatoria, però, rimase ucciso Yonatan Netanyahu, valoroso soldato divenuto poi leggenda per tutto lo Stato ebraico.
Oggi, 39 anni dopo l’operazione Entebbe, i passeggeri coinvolti sono ancora riconoscenti all’esercito e ogni anno dedicano un pensiero, un fiore o uno Shalom a Yoni, che ha sacrificato la sua vita per quella dei suoi fratelli e di tutti i viaggiatori che erano a bordo.