Nabi Musa è un sito nel deserto che si trova tra Gerusalemme e Gerico, ritenuto dalla tradizione musulmana il luogo di sepoltura di Mosè, in cui si trovano, fra l’altro, una moschea e un hotel, ristrutturato di recente e finanziato dall’Unione Europea, che ha visto la supervisione dal ministero del Turismo palestinese, con l’obiettivo di incentivare il turismo locale. La ristrutturazione è rientrata in un progetto dal valore complessivo di 5 milioni di dollari.
Visto così sembrerebbe un luogo ideale per dare vita a eventi, atti incentivare il turismo locale, come da volere del ministero del Turismo palestinese. E invece non è così, almeno per Sama Abdulhadi, alias Skywalker, la prima dj donna palestinese, arrestata dalla polizia dell’Autorità nazionale palestinese per essersi esibita proprio nella Nabi Musa.
L’accusa per la 29enne è “offesa alla religione” per la “profanazione” del suddetto sito. Ma c’è di più, perché secondo gli organizzatori l’evento avrebbe avuto l’autorizzazione dalle autorità competenti e, quindi, l’arresto della dj è incomprensibile.
Autorizzazione che però sia il ministero del turismo che quello del Waqf (l’autorità preposta alla gestione dei luoghi sacri per l’Islam, compreso Nabi Musa) negano di aver concesso. Non solo, perché i due ministeri addossano all’altro la responsabilità di quanto successo, tanto che il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh ha istituito una commissione d’inchiesta e il ministro degli Affari religiosi, Hussam Abu al-Rub, ha affermato che “quello che è accaduto è osceno. Non staremo in silenzio e perseguiremo chiunque vi abbia preso parte”.
Lasciamo la fredda cronaca per una festa che in altri paesi non avrebbe suscitato reazioni particolari e leggiamo quanto raccontato da una persona che era presente alla festa, che alla Repubblica ha detto:
“È assurdo quello che sta accadendo per una semplice festa. Il posto è stato scelto per la sua location suggestiva nel mezzo del deserto. Adesso improvvisamente tutte le autorità fanno a gara a condannare l’evento per non perdere il consenso della piazza in collera, invece di difendere il nostro diritto ad avere una vita”.
“Per non perdere il consenso della piazza in collera”. Ed è, forse, proprio in questa frase che risiede la chiave di volta per capire cosa abbia portato all’arresto di Sama Abdulhadi.
La festa, infatti, ha scatenato le ire di moltissimi giovani palestinesi, che hanno organizzato una preghiera di fedeli musulmani nel sito e poi hanno dato fiamme gli arredi delle camere dell’hotel, con la motivazione che all’interno si siano svolti “atti impuri” durante l’evento musicale.
La famiglia di Sama Abdulhadi ha fatto sentire la propria voce, ricostruendo così l’accaduto:
“Sama sta producendo dei video sulla musica elettronica in Palestina, filmati in siti archeologici. Ha ottenuto il permesso dal ministero del Turismo, considerato che le riprese sarebbero state fatte nel cortile, che è separato dalla moschea e non è sotto la giurisdizione del Waqf”.
Sama Abdulhadi è un’artista che stava svolgendo il suo lavoro. Arrestata senza alcuna motivazione. Perché il progresso in certi parti del mondo è un male da combattere con ogni mezzo.