Della cerchia ristretta di gerarchi nazisti e ideologi del Partito Nazional Socialista dei lavoratori tedeschi (NSDAP) tutti ricordano i nomi dei tristemente noti Hermann Göring, Rudolf Hess, Ernst Röhm, Heinrich Himmler o Joseph Goebbels ma in pochi conoscono la storia di Dietrich Eckart, l’uomo che per primo individuò in Adolf Hitler “il futuro della Germania”.
Gli albori
Nato a Neumarkt il 23 marzo 1868, Eckart era figlio di un notaio della casa reale nonché consigliere legale. Sua madre morì quando lui aveva solo dieci anni e nel 1895 perse anche il padre dal quale ereditò un ingente patrimonio.
Eckart iniziò gli studi di medicina a Monaco di Baviera, abbandonandoli però nel 1891. Forte delle ingenti finanze messe a disposizione dalla famiglia, iniziò a lavorare come poeta, drammaturgo e giornalista.
Vittima di attacchi di demenza, nel corso della sua vita venne internato più volte in un manicomio. Eckart era un uomo acculturato, con buone capacità di scrittura e convincimento. Il pensiero trovava ispirazione nella mitologia, nel razzismo e in una visione distorta della biologia umana, una miscela questa che non smetterà mai di incantarlo.
Fu lui a sviluppare per primo la teoria di un “genio umano superiore”, basata su scritti precedenti di Lanz von Liebenfels. Eckart, nel suo pensiero si rivedeva nella tradizione di Arthur Schopenhauer e Angelus Silesius e rimase anche affascinato dalle credenze Maya, ma non ebbe mai molta simpatia per il metodo scientifico. Eckart amava e si identificava fortemente anche con Peer Gynt di Henrik Ibsen.
Nel 1915 scrisse anche la commedia nazionalista “Heinrich der Hohenstaufe” (“Heinrich dell’Alto Battesimo”), in cui postulava una pretesa leadership mondiale del popolo tedesco.
Nel corso della sua vita Eckart ebbe rapporti anche con un gruppo di appassionati dell’occultismo di estrema destra, la “Società Thule” fondata da Felix Nieder e Rudolf von Sebottendorff, la quale era composta da personaggi distinti che credevano nel mito di Atlantide e nella razza ariana, da cui i tedeschi ne avrebbero raccolto l’eredità. All’interno di Thule c’erano esponenti che pensavano che gli ariani fossero stati indeboliti dagli incroci con razze inferiori e moralmente corrette, principalmente ebrei, comunisti e bolscevichi. Questi erano ritenute all’epoca al potere e colpevoli del caos che la Germania stava vivendo. Un primordiale concetto di complotto mondiale ebraico che Eckart avrebbe scoperto. Nonostante non ci siano prove di quel che Eckart affermava e per quanto strambe ed eccentriche, l’idea di un passato glorioso e di un nemico comune che stava distruggendo la patria dall’interno fece breccia nella società tedesca, ferita dalle umiliazioni del momento storico che il popolo tedesco stava vivendo. Un’identità storica forte e un modello da seguire.
La Germania come nazione aveva solo 40 anni di storia e scoprire le radici della germanicità fu un collante formidabile che permise alle idee del nazionalsocialismo di risultare sempre più attraente.
Agli inizi del 1919, Eckart e la Società Thule avviarono un piano per divulgare e diffondere il proprio messaggio fondando un nuovo gruppo politico: il “Partito Tedesco dei Lavoratori”. Questo era solo una delle tante formazioni politiche che nascevano e si incontravano nelle birrerie e nelle cantine di Monaco di Baviera. Proprio in quell’anno a Versailles venne firmato un trattato che pose la Germania, al termine della WWI in enormi difficoltà economiche ma soprattutto dal punto di vista identitario e ideologico dando così la possibilità a idee estremiste di trovare terreno fertile in cui attecchire.
Nel 1918 cofinanziò l’acquisto del periodico antisemita Auf gut Deutsch (in buon tedesco) in cui criticava con rabbia il controllo degli ebrei sull’economia, la Repubblica di Weimar e il Trattato di Versailles , inserendo riferimenti alla sua passione per l’occulto e il paganesimo.
Nel 1919 si instaura la Repubblica di Weimar, che venne ritenuta da Eckart debole e dominata da politici liberali ed ebrei. Il suo desiderio era quello che il suo partito li sfidasse ma sentiva la mancanza di una leadership forte e un frontman capace di rappresentarli anche fuori dalle birrerie dove si incontravano. Un “messia” come lo definiva lui.
Fu durante questo periodo che Eckart divenne una figura essenziale nei caffè di Monaco, attirando il gratin nazionalista con la sua erudizione e il suo umorismo ironico.
In quel periodo Eckart scrisse un poema in cui descrisse una figura capace di assolvere a questo compito e chiamata “il senza nome” o “il grande”. Un soldato semplice tedesco dagli occhi ardenti capace di riportare la Germania ai fasti di un tempo. Figura che successivamente riuscì ad identificare in una riunione del suo partito nella primavera dell’anno successivo in un giovane ragazzo austriaco, ex soldato e attualmente impiegato come informatore al soldo dell’esercito. Il suo nome era Adolf Hitler.
Il giovane Hitler trovò quelle opinioni anticomuniste e antisemite profondamente aderenti al suo pensiero e riconobbe in quelle persone un linguaggio simile a quello da lui utilizzato.
L’incontro con Hitler
Era solo la seconda volta che Hitler partecipava a una riunione del Deutsche Arbeiterpartei. Nell’autunno del 1919, il caporale di 31 anni era nella stanza sul retro del birrificio Sternecker a Monaco di Baviera e ascoltando i discorsi fatti nella sala fu profondamente infastidito dalle parole del co-fondatore del movimento, Karl Harrer, a suo modo di vedere troppo tenero e ottuso.
All’improvviso, una voce fragorosa interruppe chi stava parlando: “A nessuno importa quello che dici!”. Hitler, sbalordito, si voltò e vide un colosso dallo sguardo azzurro intenso, testa calva, sottolineato da folti baffi a spazzola: Dietrich Eckart.
Questo incontro cambiò la sua vita. Alla fine del discorso, Anton Drexler, l’altro leader del movimento, presentò Hitler a Eckart e da lì inizio un percorso di formazione ideologica del futuro Fuher nel quale Eckart ricopriva il ruolo di talent scout e mentore.
Eckart si accorse immediatamente delle capacità oratorie di Adolf Hitler, del suo magnetismo, della sua passione politica e del tanto livore che usciva in ogni suo discorso pubblico. Capacitò che lui non riusciva a trasmettere nello stesso modo. Ne fu immediatamente folgorato. Individuo in Hitler la guida per la nazione che stava cercando. Nonostante le differenze caratteriali tra i due nacque subito un buon rapporto.
“Brillava dinanzi ai nostri occhi come una stella polare”
Adolf Hitler
Un acerbo e giovane Hitler non era però ancora pronto a compiere il disegno immaginato da Eckart e così, in un rapporto divenuto padre-figlio, quest’ultimo gli insegnò l’etichetta e lo aiutò a indirizzare meglio i suoi pensieri in discorsi persuasivi e convincenti.
Secondo Timothy W. Ryback, autore di In Hitler’s Private Library (2010, Pocket Book ed.), Il giovane austriaco rimase stregato da questo nazionalismo portato all’estremo, lontano dalle idee dei suoi genitori che erano piuttosto tolleranti. In pochi mesi diventò quindi il protetto del drammaturgo con il quale prendeva sempre più confidenza e acquisisce la credibilità che gli mancava.
Con Hitler che venne nominato a capo della propaganda del partito, i due lavorarono per perfezionare l’ideologia e il credo del movimento, completandosi così a vicenda. Eckart infatti non era un abile oratore ma un ottimo scrittore e teorico, Hitler invece aveva ancora pensieri incoerenti e non era capace di scrivere discorsi capaci di convincere le folle. Fu quindi Eckart a prendere le parole di Hitler e a trasformarle in comunicazione politica e propaganda. A quel punto a Hitler bastò esporle con la sua eccezionale e potente capacità oratoria che blandiva il pubblico.
I nazisti promettevano all’epoca di recuperare le terre rubate dal patto di Versailles, la riunificazione del popolo tedesco, la ridistribuzione dei profitti di guerra e del reddito, la partecipazione agli utili nelle grandi industrie, la nazionalizzazione dei fondi, gli aumenti nelle pensioni di vecchiaia, maggiori privilegi ai tedeschi e la negazione di cittadinanza agli ebrei. Promesse facili da ricordare e molto efficaci.
Fu lo stesso Eckart a coniare il motto “Deutschland erwache!” (Germania risvegliati!). A questo si aggiunse anche il nuovo simbolo del partito, la svastica. Secondo i mistici della Società Thule il simbolo della svastica aveva origini ariane, rafforzando così la narrativa intorno al movimento nazista.
Insieme, Eckart e Hitler, nel 1920 riuscirono ad andare oltre la demagogia spiccia da birreria acquistando, grazie ai fondi del primo dei due, il giornale settimanale della Società Thule, il Volkischer Beobachter, ormai agonizzante. Si trattava di un giornale fatto di titoloni e immagini inserite con il solo scopo di attirare l’attenzione dei lettori. In sostanza si trattava del primo approccio alla propaganda di massa nel tentativo di diffondere nelle strade il messaggio nazista.
Hitler allora era “solo” il portavoce del partito ma Eckart, nel suo nuovo ruolo di direttore del giornale non perdeva tempo nel presentarlo come il messia della Germania, considerandolo come der Kommenden Grossen (il grande che arriva) attribuendogli i poteri mistici di un mitico capo teutonico ariano. Questa scelta catturò l’interesse dei lettori ma anche l’ego dello stesso Hitler che iniziava a far sua questa immagine.
Con Eckart al suo fianco, Hitler si sentì di poter osare oltre. Nel gennaio 1920, sei mesi dopo l’adesione alla Deutsche Arbeiterpartei, licenziò il pallido co-fondatore del partito, Karl Harrer, ribattezzato poi Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, noto con l’acronimo NSDAP).
L’ideologia antisemita comune tra Eckart e Hitler
Il tristemente noto dialogo tra Eckart e Hitler, Der Bolschewismus von Moses bis Lenin: Zwiegerspräch zwischen Adolf Hitler und Mir (Il bolscevismo da Mosè a Lenin: un dialogo tra Adolf Hitler e me), pubblicato alcuni mesi dopo la morte di Eckart, fu scritto dal solo Dietrich Eckart probabilmente all’insaputa dello stesso Hitler. Per alcuni storici, il Dialogo esprimeva la posizione ideologica di Hitler riguardo la questione ebraica; per altri il testo rispecchia molto più il modo di pensare di Eckart che non quello di Hitler. A prescindere, tuttavia, dalla paternità del pamphlet, quanto sappiamo su Eckart e Hitler ci induce a credere che il documento sia un’espressione del loro rapporto e delle loro idee comuni. Il Dialogo è infatti impregnato di visioni apocalittiche correlate alla minaccia ebraica. Il pamphlet di Eckart è certamente una delle rappresentazioni più estremizzate degli ebrei in quanto, come da loro definiti, storica forza del male. Alla fine del testo Hitler riepilogò secondo la sua visione l’obiettivo ultimo degli ebrei: “Le cose stanno certamente come tu [Eckart] hai scritto una volta;
“E’ possibile capire gli ebrei solo conoscendo il loro obiettivo finale. Essi vanno al di là del dominio del mondo, e tendono alla distruzione del mondo”.
Questa visione di una fine del mondo provocata dagli ebrei riappare, quasi testualmente, proprio anche nel Mein Kampf.
“Se, con l’aiuto del credo marxista, l’ebreo risulterà vittorioso sugli altri popoli del mondo la sua corona sarà la ghirlanda funeraria dell’umanità e il suo pianeta ruoterà nell’etere, come faceva migliaia di anni fa, del tutto privo di esseri umani”.
Al termine del secondo capitolo di Mein Kampf troviamo la sinistra dichiarazione di fede di Hitler:
“Oggi io ritengo di star agendo in accordo al volere del Possente Creatore: difendendo me stesso dall’ebreo io combatto per l’operato del Signore”.
In Eckart, e in Hitler, così com’egli andò postulando il proprio credo a partire dal 1924, l’antisemitismo redentivo trovò la sua più piena espressione culmine di un percorso di affiancamento e contaminazione ideologica progressiva e arrivato ormai al suo completamento.
Il Putsch e il declino
Progressivamente il rapporto tra i due venne meno in quanto Hitler iniziò a pensare che Eckart non fosse sufficientemente rivoluzionario, parlava troppo ma faceva troppo poco.
Nel corso del Putsch organizzato da Göring, Hess e Röhm, Eckart rimase all’oscuro di tutto e quando il tentativo di prendere il potere con la forza in Baviera terminò rovinosamente con l’uccisione di 16 nazisti, al mentore di Hitler non rimase vedere il suo discepolo scappare via scortato prima di essere arrestato.
Nella sua vita Eckart fu assiduo un consumatore di alcolici (uno dei diversi fattori che lo fecero progressivamente allontanare dalla cerchia ristretta del futuro Fuher) e fu proprio l’alcolismo uno dei motivi che lo portò alla morte nel 1923.
L’ultima dedica di Hitler
Nel suo secondo manoscritto di Mein Kampf (1925), Adolf Hitler conclude il suo libro con questa dedica:
“L’uomo che ha dedicato la sua vita al risveglio del suo, del nostro popolo, attraverso la poesia e il pensiero, e infine azione: Dietrich Eckart”.
Adolf Hitler