Ogni giorno ha la sua pena e l’ONU non cessa mai di offrire occasioni inestimabili per confermare questo assunto. Così, il 27 marzo scorso, il Consiglio per i Diritti Umani, board di grande prestigio morale presieduto dall’Arabia Saudita, uno stato ben noto per gli alti standard democratici e il rispetto dei diritti umani, ha segnato ben cinque risoluzioni di condanna nei confronti di Israele. Va sottolineato che le mozioni presentate da stati di esemplare e smagliante caratura democratica quali Cuba, il Venezuela, lo Zimbawe, il Bahrein, hanno tutte ottenuto il record dei voti.
Si è andati da una risoluzione sul diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese (conculcato per decenni dagli Stati arabi), ad una altra sui diritti umani nei territori occupati ad una sempre sui diritti umani nel Golan occupato. Queste risoluzioni contro Israele sono state messe all’ordine del giorno insieme a quelle sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica Islamica dell’Iran e in Siria, ottenendo tutte e cinque un numero di voti a favore superiore a quello ottenuto dalle risoluzioni riguardanti la violazione dei diritti all’interno dei due Stati musulmani.
La pregiudiziale antisraeliana al Palazzo di Vetro dura da cinquanta anni e non si può certo pensare che, nonostante la robusta e netta presa di posizione recente degli Stati Uniti contro questo stato di fatto nella persona della nuova ambasciatrice eletta, Nikki Haley, la situazione possa modificarsi velocemente. Gli Stati Uniti possono infatti porre degli sbarramenti, e sotto l’Amministrazione Trump, una oscenità come la Risoluzione 2334 non potrà vedere più la luce, ma la solerte macchina onusiana non cesserà la propria prassi di demonizzazione dello Stato Ebraico.
Il 7 aprile invece, sempre il Consiglio per i Diritti Umani ha diramato un comunicato ufficiale di condanna nei confronti delle recenti esecuzioni sommarie avvenute a Gaza di tre cittadini palestinesi accusati di essere “traditori”, ovvero collaboratori di Israele. Fa piacere questo comunicato, il quale, tuttavia, non ha alcun peso. La prassi di uccidere i propri concittadini accusandoli di essere quinte colonne del nemico è una consuetudine consolidata di Hamas ed è, naturalmente, completamente al di fuori di qualsiasi normativa legale internazionale.
In attesa di vedere il cambiamento alla Carta Programmatica di Hamas nella quale è attualmente dichiarato apertamente un virulento antagonismo nei confronti degli ebrei e la necessità del jihad (cambiamento “epocale” che, se mai ci sarà, consisterà nel sostituirà alla parola “ebreo”, “sionista”, risum teneatis), non possiamo fare altro che continuare a confrontarci con la realtà di un regime criminale nella sua forma manifesta.