Non si placano le polemiche per quello che sta succedendo a Bologna in questi giorni. Dopo la vicenda che suo malgrado ha visto protagonista la sinagoga della città, a tenere banco sono le questioni legate alle bandiere palestinese e dello Stato d’Israele e le dichiarazioni sul sionismo della vicesindaca Emily Clancy.
Ieri il portavoce dei Giovani palestinesi, Daud, 26 anni, della West Bank, ha chiesto al sindaco di togliere la bandiera palestinese dalla facciata del Comune di Bologna, “per rispetto di tutti i martiri”.
La richiesta è arrivata dopo la decisione del sindaco Matteo Lepore di esporre anche la bandiera di Israele insieme a quella palestinese e della Pace in seguito alla notizia della tregua tra lo Stato ebraico e i terroristi Hamas.
Le polemiche a Palazzo d’Accursio sono aumentate dopo le parole di Emily Clancy, vicesindaca di Bologna:
“[Il sindaco] Ha fatto questa scelta perché l’aveva annunciata ai tempi nella speranza che si arrivasse al cessate il fuoco. Noi di Coalizione civica abbiamo detto cosa ne pensiamo”.
Dopo aver espresso la propria in merito alla decisione di Lepore, Emily Clancy è tornato sullo striscione appeso alle mura del Comune, che l’accusava assieme al sindaco di essere “servi dei sionisti”.
“È fonte di dolore vedere il proprio nome e cognome accostati alla parola sionista che è una parola molto seria. Né io né il sindaco naturalmente lo siamo, anzi c’è un impegno netto a favore del popolo palestinese ma anche per la costruzione di condizioni di pace”.
Vero. La parola Sionismo è una parola molto seria. È l’affermazione del diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico e alla nascita del suo stato.
Un popolo vessato che neanche la tragedia della Shoah è riuscito a spezzare per intero. Un popolo che ha rimpinguato la già nutrita presenza ebraica in Palestina, quell’area geografica e non uno stato il cui nome si deve alla popolazione mediterranea dei filistei.
Essere contrati al Sionismo vuol dire negare l’autodeterminazione del popolo ebraico e l’esistenza del suo stato.