“Israele si serve di mucche per spiare i palestinesi”. Vorremo dirvi che quanto apparso in un articolo su Al Hayat Al Jadida sia uno scherzo, ma così non è.
Perché sul quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese in data 27 dicembre è stata pubblicata un’intervista a un anziano abitante del villaggio palestinese di Khirbet Yanun (West Bank), di nome Rushd Morrar, che aveva sostenuto:
“Attorno al collo di ogni mucca gli israeliani appendevano un medaglione con un dispositivo per intercettazioni e di registrazione e qualche volta anche telecamere per monitorare ogni dettaglio. I coloni liberano i loro cinghiali per devastare i raccolti palestinesi”.
La cosa dovrebbe far sorridere, magari far scrollare le spalle e voltare pagina. Ma se un articolo del genere compare sul quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese, non dobbiamo prenderlo alla leggera.
Prima di tutto perché se la direzione del giornale avesse ritenuto assurde le parole di Morrar non le avrebbe pubblicate.
In secondo luogo, come detto, il suddetto giornale è il quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese, quell’Autorità considerata da gran parte della Comunità Internazionale l’interlocutore della pace di Israele (tralasciando chi in maniera “incomprensibile” inserisce anche Hamas come parte in causa per i colloqui).
In sostanza: Israele dovrebbe sedersi a un tavolo per la pace assieme a chi pubblica notizie di mucche spie.
Non solo. Analizziamo bene una frase detta dall’anziano palestinese: “I coloni liberano i loro cinghiali per devastare i raccolti palestinesi”.
I più attenti avranno notato che la frase ricalca quella detta nel novembre 2014 dal presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen, il quale nel corso di un discorso a Ramallah sostenne che Israele utilizzasse i cinghiali per impedire ai “palestinesi di entrare nelle proprie terre”.
Coincidenze? Forse, fatto sta che sul quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese si è parlato dell’uso di Israele di animali spia e animali che distruggono i raccolti palestinesi.