Sembra ci sia un gusto particolare nell’associare attività poco consone alla Shoah. Nello specifico ad Auschwitz, divenuto negli anni simbolo di quell’immane tragedia.
Dopo i selfie sui binari del lager nazista dove morirono 1,1 milioni di persone, è nata un’altra polemica per l’apertura di in chiosco di gelati, situato poco fuori dell’area legalmente protetta dagli amministratori del memoriale.
Amministratori che per questo motivo si sono detti impossibilitati a esercitare forme di controllo sull’iniziativa commerciale.
Bartos Partisel, portavoce del museo di Auschwitz, è intervenuto su questo cavillo:
“Speriamo che le autorità locali competenti affrontino questo imbarazzante problema”.
Partisel, inoltre, ha definito il chiosco di gelati:
“Un esempio non solo di cattivo gusto estetico, ma anche di mancanza di rispetto per il particolare sito storico”.
Un clamore mediatico che sembra non abbia scalfito le convinzioni del gestore del locale:
“Pago per stare qui, pago le tasse e lo considero un posto come un altro, dove posso solo gestire la mia attività”.
Non solo, perché il commerciante ha aggiunto di avere l’intenzione di espandere il chiosco.
Immaginiamo la giornata tipo di questo signore.
La mattina si sveglia, si prepara per una giornata di lavoro. Come tante persone. Arrivato sul posto, però, alza gli occhi e vede un lager nazista dove 1,1 milioni di persone morirono nelle camere a gas o per stenti.
Come può essere considerato un posto come un altro?
Ora immaginiamo un avventore del chiosco. Prende una bibita per dissetarsi, alza gli occhi e vede un lager nazista dove 1,1 milioni di persone morirono nelle camere a gas o per stenti.
Un concetto ribadito dalla nota del museo di Auschwitz, in cui è scritto:
“Quando le persone vengono (qui), devono ricordarsi che stanno entrando nel sito storico di un ex campo di sterminio, dove sono state assassinate più di un milione di persone”.
Come può Auschwitz essere considerato un posto come un altro?
Se veramente qualcuno lo considera un posto come un altro, più di qualcosa è stato sbagliato nell’insegnamento o nella ricezione della storia e della memoria.