Un “eroico attacco” che rafforza la “resistenza” e mostra la debolezza delle “forze di sicurezza sioniste”. Così Hamas, nella persona di Yasin Rabia, ha definito l’attentato terroristico palestinese avvenuto sabato scorso a Tel Aviv.
L’ennesimo, in un periodo in cui la violenza terroristica palestinese ha alzato nuovamente il tiro contro Israele. L’ennesimo in cui siamo costretti a registrare la morte di un israeliano, Amir Chen, 42 anni, agente della polizia municipale di Tel Aviv, deceduto in ospedale dopo esser stato colpito da Kamel Abu Bakr, 22 anni, di Jenin, affiliato alla Jihad Islamica palestinese. Amir lascia moglie e 3 figli.
Questa la ricostruzione di quanto avvenuto fatta dal collega di Amir, che è riuscito a neutralizzare il terrorista palestinese:
“Io e il mio collega abbiamo individuato il sospetto in piedi all’angolo di Nachlat Binyamin, e quando ha visto che ci avvicinavamo, non ci ha guardato negli occhi, il che ha ulteriormente aumentato la nostra preoccupazione. Abbiamo iniziato a parcheggiare le nostre motociclette per avvicinarci al sospetto, e lui ha estratto una pistola da dietro la schiena e ha aperto il fuoco contro di noi. Ho estratto la mia pistola e ha cercato di sparare anche a me. L’ho inseguito finché non è caduto e ha lasciato cadere la sua pistola. A quel punto, ho smesso di sparare, mi sono fermato sopra di lui con la mia arma, assicurandomi che non potesse muoversi, e ho chiamato i rinforzi”.
Un attentato, come detto, definito “eroico” da Hamas. Come “eroico” è stato definito l’intervento di Amir dalla polizia israeliana, secondo cui l’intervento dell’agente ha impedito all’attentatore di compiere una strage tra i passanti.
Stesso termine, prospettiva assai diversa.
Per Hamas l’eroismo è uccidere persone innocenti, per Israele l’eroismo è impedirne l’uccisione.
E poi ci si interroga sui motivi per cui dialogare con il gruppo terroristico che gestisce la Striscia di Gaza è quasi impossibile…