L’attentato che venerdì scorso ha causato la morte di più di trecento persone nella moschea di Bir al-Abd, una città nel nord della penisola del Sinai, è un evento che lascia senza parole, non solo per il numero delle vittime innocenti, ma anche perché compiuto in un luogo religioso, un luogo di culto dove i fedeli si erano riuniti nella più totale civiltà. Sorprende la brutalità, perché non si è trattato di un paio di terroristi, ma di trentacinque uomini armati con fucili e lanciarazzi – come se stessero per affrontare un temibile esercito – e non hanno avuto la decenza neanche di risparmiare le ambulanze.
Si tratta dell’attentato terroristico più grave nella storia recente dell’Egitto, in una città con centomila abitanti inserita in un contesto poco stabile come quello del Sinai.
Chi ha colpito la moschea?
Non ci sono state ancora rivendicazioni. L’ISIS si è notevolmente indebolito negli ultimi mesi, fino ad essere definitivamente schiacciato dalla coalizione russo-siriana, e la leadership non è certamente nelle condizioni di registrare un messaggio di rivendicazione. Chiaramente il capitale umano dello Stato Islamico è ancora in circolazione e l’aver perso porzioni rilevanti di territorio non significa che tutti i jihadisti siano scomparsi o si stiano nascondendo. Anzi, in un momento di sconfitta, solo dei grandi attentati possono rinvigorire le pretese dei seguaci di Al Baghdadi.
Esiste una significativa cellula dell’ISIS nel Sinai, il gruppo terroristico che si è fatto chiamare Ansar Beit Al Maqdis fino al 2014, anno in cui è confluita nell’ISIS. Il gruppo ha attaccato diverse volte anche Israele, ed è noto per i precedenti attacchi contro l’esercito egiziano. Il gruppo non è nuovo neanche ad attacchi contro luoghi di culto, avendo colpito due chiese copte a Tanta e Alessandria durante l’ultima domenica delle palme.
Altre città come Al Arish, Taba, Mansoura e Al Ismailiyyah, nonché la capitale egiziana, sono state colpite da questo gruppo terroristico che chiaramente ha interesse nel colpire maggiormente le isolate cittadine del Sinai. Abbiamo inoltre appreso nelle ultime ore che le armi utilizzate nell’attentato potrebbero essere giunte da Gaza tramite dei tunnel sotterranei, è possibile dunque che ci sia di mezzo anche Hamas.
Takfir: la lotta alle eresie islamiche
La corrente religiosa sul quale l’ISIS fa riferimento per diffondere il radicalismo islamico non ha solo tolleranza zero verso ebrei e cristiani, ma anche e soprattutto verso le minoranze islamiche. Il concetto di Takfir, ovvero l’accusa di empietà e miscredenza, è una delle numerose strategie del jihadismo per accentrare il potere e omologare il pensiero islamico. L’approccio dell’ISIS è decisamente estremista e radicale, in quanto le minoranze musulmane colpite negli ultimi anni sono numerose e diversificate.
La minoranza che è stata maggiormente colpita della violenza di Daesh sono certamente gli Yazidi stanziati in Iraq. Lo yazidismo è una religione monoteista che combina diverse dottrine Islamiche e cristiane con elementi di esoterismo, mitraismo e Zoroastrismo.
Anche i mandeani una setta gnostica che si dice discenda dai seguaci di Giovanni battista, sono stati decimati dallo Stato Islamico.
Tra i Musulmani colpiti dallo Stati Islamico abbiamo ovviamente gli Sciiti, il secondo ramo più importante dell’Islam e anche la religione che si presenta maggioritaria in Iran, Azerbaijan, Iraq. Attualmente gli interessi di questo ramo sono rappresentati dalla coalizione che sembra aver trionfato contro l’ISIS, ovvero l’alleanza tra Siria, Iran e Russia. In Siria, ad esempio, anche gli alawiti ( la religione cui fa capo Bashar Al- Assad) sono stati perseguitati dai Jihadisti ISIS, perché considerati infedeli e apostati.
Le vittime dell’attentato in Egitto sono invece seguaci del sufismo. SI tratta di una forma di Islam legata al misticismo che enfatizza il ruolo dell’introspezione e della vicinanza personale alla divinità. E’ una corrente spirituale e connessa ai legami tra uomo e natura che possono essere raggiunti solo attraverso la meditazione. Il sufismo viene visto non tanto come una minaccia ma come un’eccessiva deformazione del pensiero Islamico, fino addirittura ad arrivare all’accusa di politeismo. L’ISIS non ha tolleranza per correnti che non siano il wahabismo puro, di conseguenza ogni visione che si discosta dal fondamentalismo da loro teorizzato è meritevole di essere annientata.
La corrente islamica predicata da Al Qaeda, invece, ha sempre sostenuto l’importanza di focalizzare la lotta contro il nemico più lontano, ovvero l’occidente, affermando come l’unità dell’Islam fosse più importante da preservare per sostenere la battaglia contro gli infedeli.
L’attuale governo egiziano ha buoni rapporti con la comunità sufi, che è generalmente molto pacifica e moderata. Questo fattore potrebbe certamente aver contribuito alla scelta del target da parte dei terroristi: i jihadisti stanziati nell’ISIS hanno subito una escalation di raid da parte delle forze armate egiziane.