27 dicembre 1985. È il giorno in cui il terrorismo palestinese colpì per la terza volta il suolo italiano.
La prima fu 17 dicembre 1973 sempre all’aeroporto di Fiumicino provocando la morte di trentaquattro persone e il ferimento di quindici e la seconda il 9 ottobre 1982 fuori la Sinagoga di Roma dove perse la vita Stefano Gaj Taché e vennero ferite trentasette persone.
Esattamente 32 anni fa, alle nove del mattino, quattro terroristi palestinesi entrano nell’atrio dell’aeroporto Leonardo da Vinci, posizionandosi di fronte ai banchi accettazione delle compagnie aeree El Al e Twa.
Poco dopo, il gruppo terroristico cominciò a sparare coi i propri kalashnikov e lanciò bombe a mano sulle persone che stazionavano davanti ai banchi del check-in e nel bar vicino. Le forze dell’ordine italiane e gli addetti alla sicurezza israeliani risposero al fuoco, uccidendo tre attentatori mentre il quarto venne arrestato. Il vile attentato provocò la morte di tredici persone e il ferimento di altre settanta.
Contemporaneamente, il terrorismo palestinese colpì nel medesimo modo l’aeroporto Schwechat di Vienna, provocando tre morti e quaranta feriti.
Per l’attentato di Fiumicino vennero fatte tre rivendicazioni diverse.
Nel pomeriggio di quel tragico 27 dicembre una telefonata alla rete radiofonica spagnola Ser attribuì l’azione all’organizzazione Abu Nidal nella Costa del Sol.
Poi, arrivò la rivendicazione del gruppo Cellule della guerriglia araba a un’agenzia di stampa internazionale a Beirut (per entrambi gli attentati) e infine quella all’Agenzia Ansa di Milano a nome dell’OLP:
“Abbiamo colpito a Roma e a Vienna perché l’Italia tiene prigioniero un nostro capitano”.
Nonostante le altre rivendicazioni, sia l’attentato di Roma che quello di Vienna vennero attribuiti ad Abu Nidal, lo stesso ritenuto responsabile dell’attacco alla Sinagoga Maggiore.
I due gruppi terroristici erano formati da giovani di età compresa dai 20 ai 25 anni che concepirono le azioni come suicida. Giovani che avrebbero potuto vive una vita diversa e più longeva invece di divenire delle macchine di morte.