La rettrice dell’Università della Pennsylvania, Elizabeth Magill, si è dimessa in seguito alla sua audizione al Congresso Usa in merito alla difesa dell’ateneo nei confronti degli studenti ebrei, soprattutto dopo il 7 ottobre, giorno del barbaro attacco di Hamas contro Israele e dell’inizio di una nuova ondata di antisemitismo nel mondo.

Alla domanda se “invocare il genocidio degli ebrei” fosse contrario ai codici di condotta, Magill aveva risposto che “non era di per sé una violenza”.

Una frase choc che ha contribuito a inasprire ancora di più gli animi attorno alle università statunitensi.

Facciamo un passo indietro. 

Negli ultimi anni, gli atenei degli Stati Uniti erano saliti alle cronache per il crescente sentimento di odio antiebraico, che aveva fatto balzare il paese ai primi posti nella (non) speciale classifica in merito all’antisemitismo.

La situazione non è certo migliorata dopo la guerra voluta da Hamas, anzi. Dall’azione terroristica in poi, la situazione nelle università americane è peggiorata per gli studenti ebrei, che hanno dichiarato di sentirsi meno al sicuro.

Non solo sensazioni, perché numerosi sono stati, infatti, episodi di antisemitismo registrati in diverse università, tra cui quella della Pennsylvania. L’ormai ex rettrice Elizabeth Magill era stata chiamata a dare una risposta esauriente, che però non è mai arrivata.

La volontà di contestualizzare le barbarie di Hamas contro i civili israeliani e di non prendere una chiara posizione sul “genocidio degli ebrei” ha portato la Magill a lasciare il suo incarico, in maniera volontaria secondo il presidente del board Scott Bok, anch’egli dimessosi.

L’antisemitismo nelle università americane è stato un problema che per anni non si è voluto vedere. Nel 2018, il Centro Simon Wiesenthal stilò la lista dei dieci peggiori atti di antisemitismo, inserendo gli atenei Usa al terzo posto.

Lo scoppio del conflitto tra Israele e Hamas non è la causa ma una recrudescenza dell’odio e dell’avversione per il popolo ebraico.