Che il dibattitto pubblico italiano non sia di grande livello non è una novità. La parabola discendente, però, non sembra frenare la sua corsa.
Come nel caso di Elly Schlein, parlamentare e candidata alla segreteria del Pd, divenuta oggetto di attacchi antisemiti a mezzo social
“Si è attivato un vero e proprio esercito di odiatori che parte dal mio naso e dal mio cognome per esprimere ignobili sentimenti antisemiti. Gli stereotipi sono quasi sempre ingannevoli”.
Intervistata da The Post-Tpi, Schlein ha sottolineato:
“Il naso è senza dubbio una parte importante del mio corpo. E da quando mi sono candidata è diventato due cose insieme: prima un simbolo e subito dopo un bersaglio. Io finanziata da Soros? Magari! La verità è più semplice. Per quanto sia orgogliosissima del lato ebraico della mia famiglia paterna, io non sono ebrea perché la trasmissione avviene per linea matrilineare. Ma la cosa più folle è il dibattito sul mio naso. Perché non è un ‘naso ebreo Schlein’, che avrei ereditato da mio padre, come scrivono i razzisti nella rete. È un naso tipicamente etrusco. Io proveniente da famiglia ricca ebraica? Macché! Mio nonno si è spaccato la schiena per dare un futuro migliore ai suoi figli ma è morto presto. La mia ricchezza è un’altra fake news di provenienza antisemita. La mia è una normalissima famiglia borghese”.
Se nel 2023 siamo ancora qui a parlare di tratti somatici e fisici tipici degli ebrei, più di qualcosa è andato storto nella trasmissione dei valori.
Ma non esclusiva responsabilità dei leoni da tastiera. Chi pone le domande dovrebbe farlo in maniera più precisa, chi risponde dovrebbe notare la poca “precisione” dell’intervistatore e utilizzare parole meno nette.
Perché la frase “Io proveniente da famiglia ricca ebraica? Macché! Mio nonno si è spaccato la schiena per dare un futuro migliore ai suoi figli”, apre le porte a varie interpretazioni, tra cui quella che spiana la strada all’incompatibilità di avere un nonno indefesso lavoratore ebreo.
Il nostro timore è che specifiche frasi siano figlie di un pregiudizio antiebraico insito – e a volte anche inconsapevole – di cui non si ha contezza.