Antisemitismo, le scuse tardive dei familiari di Roald Dahl

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Antisemitismo, le scuse tardive dei familiari di Roald Dahl

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I familiari di Roald Dahl hanno chiesto scusa per le idee antisemite di uno degli scrittori per bambini più conosciuti al mondo. Scuse tardive visto che l’autore de La fabbrica del cioccolato morì ben trent’anni fa, il 23 novembre 1990.

In quell’anno, Dahl non aveva nascosto le sue posizioni antisemite in un’intervista rilasciata all’Independent:

“Sono sicuramente anti-Israeliano e sono diventato anti-semita nella stessa misura in cui una persona ebrea in un paese come l’Inghilterra può sostenere in modo acceso il sionismo. È sempre la solita vecchia storia: sappiamo tutto sugli ebrei e tutto il resto. Non ci sono editori non-ebrei. Controllano i media – una cosa furba da fare – ed è per questo che il presidente degli Stati Uniti d’America ha dovuto vendere la sua roba a Israele”.

Niente di nuovo, visto che già nel 1983, Dahl aveva detto al New Statesman:

“C’è un tratto, nel carattere degli ebrei, che provoca una certa animosità, forse è una mancanza di generosità verso i non-ebrei. Voglio dire, c’è una ragione se l’anti-qualsiasi cosa salta fuori dappertutto. Anche un fetido come Hitler non è che se l’è presa con loro senza ragione”.

I familiari di Dahl hanno preso le distanze da queste affermazioni. Ma perché proprio adesso e in che maniera l’hanno fatto?

Partiamo dalla seconda. Un comunicato di scuse è comparso sul sito web dedicato all’autore, messo però in una posizione nascosta. E qui nasce la prima polemica a cui ne ha fatto seguito un’altra, che vuole le scuse tardive in merito all’antisemitismo figlie dell’accordo di un miliardo di dollari siglato da Netflix per i nuovi adattamenti filmici e seriali delle storie di Dahl e l’annuncio di una nuova serie TV di Charlie e la fabbrica di cioccolato.

Perché prevenire la “bad publicity” (cattiva pubblicità) è meglio che cularla. Perché è meglio assumere posizioni “buoniste” per non rischiare di perdere valanghe di soldi. Perché i soldi – come è normale che sia – interessano a tutti, senza distinzione di religione.

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