Non basta morire in un attentato. Non basta morire in un attentato mentre si è in un luogo di culto. No, non basta, perché chi odia gli ebrei lo fa fino in fondo. Senza scrupoli e senza logica.
È ciò che sta accadendo in questi giorni dopo la morte di 11 ebrei nell’attentato alla sinagoga Tree of life di Pittsburgh, dove sabato scorso un uomo ha compiuto una strage.
Una ricerca, che parte digitando la parola “jews” (ebrei in inglese) su Instagram, svolta dal New York Times sul ha rivelato che foto e video antisemiti stanno riempiendo i social con hashtag come #jewsdid911, a sostegno della falsa teoria che dietro gli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti ci sia una regia ebraica. Non solo perché anche #88, abbreviazione utilizzata per il saluto Heil Hitler, sta riscuotendo un grande successo.
Che l’antisemitismo trovi terreno fertile sul web e sui social non è un fatto nuovo. A colpire, però, questa volta è il social network in cui l’odio antiebraico si sta diffondendo: Instagram.
Instagram è sempre stato considerato un social al di fuori della polemiche. Non è Facebook, dove i toni sono sempre più accesi e a vincere è l’avversione per il presunto diverso; né Twitter dove professionisti e gente comune si lanciano in discussioni dove a trionfare, il più delle volte, non è il buon senso.
Instagram è sempre stato considerato il social dove postare immagini e pochissime righe di commento, dove i botta e risposta sono pressoché azzerati.
È un caso oppure la contaminazione dell’odio ha infettato anche Instagram?
Non è bastato morire in un luogo di culto nel giorno più sacro per l’ebraismo. Non è bastato, perché per gli odiatori degli ebrei bisogna essere vittime e carnefici.
Gli ebrei non vogliono essere vittime, né carnefici. Vogliono poter andare in sinagoga e pregare senza correre il rischio di essere uccisi.