Alberto Nisman è stato ucciso. Ormai non ci sono più dubbi. A raccogliere le prove di un suicidio mai avvenuto è stato il giudice Julian Ercolini, le cui indagini hanno mostrato che il foro sulla nuca del magistrato argentino è stato procurato e non autoinflitto.
L’inchiesta è durata quasi tre anni e ha posto fine a un giallo che non è mai stato tale. Che Alberto Nisman non si fosse tolto la vita è sempre stato lampante: ora, però, lo sancisce anche la memoria di 656 pagine di Ercolini, che ha raccolto prove che hanno convinto tutti.
Per l’assassinio di Nisman, Ercolini ha anche incriminato Diego Lagomarsino, accusato di complicità nell’omicidio, che si è sempre difeso dicendo di aver consegnato la pistola al suo capo per difendersi.
Cosa sarebbe dovuto accadere e cosa successe invece il 19 gennaio 2015?
Alberto Nisman avrebbe dovuto raggiungere il Parlamento per testimoniare contro l’allora presidente Cristina Kirchner, rea di aver coperto gli agenti iraniani che nel 1994 fecero scoppiare una bomba al Centro ebraico (Amia) di Buenos Aires, causando la morte 85 persone.
Una testimonianza che il magistrato sudamericano non rilasciò mai, perché venne ritrovato morto nella sua abitazione in un lago di sangue, con accanto una pistola calibro 22.
Grazie alle prove raccolte da Nisman la Kirchner all’inizio è stata accusata di tradimento: decisivo il suo ruolo nella copertura degli 007 iraniani, realizzata per normalizzare i rapporti con la Repubblica Islamica e ottenere, secondo il quotidiano israeliano Haaretz, petrolio a prezzi di favore.
La Kircher, ora senatrice, non venne incarcerata a causa dell’immunità parlamentare.
A rimanere avvolto nel mistero, però, è l’autore materiale (o autori) dell’omicidio di Alberto Nisman. Mistero che dovrà esser svelato nel minor tempo possibile per non far diventare questo assassinio un giallo senza un colpevole.
Alberto Nisman merita giustizia.