Durante l’ultima tornata elettorale erano in molti a chiedere l’esclusione del falco Netanyahu in favore di Herzog, considerato una persona molto più flessibile. Secondo i sostenitori di questa visione, questo sarebbe stato il passo decisivo per arrivare più velocemente ad una soluzione per il programma nucleare iraniano e alla creazione di uno Stato palestinese.
Purtroppo la realtà sul campo è molto più complicata: anche se Herzog avesse vinto e formato un governo di centro-sinistra gli israeliani sarebbero lo stesso preoccupati per un Iran in possesso dell’atomica e che non manca mai di auspicare la distruzione dello Stato ebraico. Qualunque Primo Ministro fosse stato eletto avrebbe dovuto lo stesso fare i conti con la nuova minaccia rappresentata dal possibile fronte al Nord dove Hezbollah si sta preparando a far piovere razzi sulla Galilea.
Per quanto la sinistra israeliana sia impegnata nel rendere concreta la soluzione a due Stati, i continui atti di terrorismo, la retorica dell’odio e la celebrazione degli assassini di ebrei da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese portano a credere, anche gli elettori di sinistra, che Mahmoud Abbas non ha né l’abilità né la volontà di raggiungere un accordo definitivo. Obama e l’Unione Europea possono fare tutte le pressioni che vogliono ma al momento manca un elemento fondamentale per qualsiasi trattativa: un leader palestinese in grado di dire alla popolazione che gli israeliani non se ne andranno e che anche loro hanno diritto a vivere lì. In seguito alla vittoria di Netanyahu quasi tutti i discorsi si sono concentrati sulla sua relazione personale con Barack Obama, un rapporto deteriorato al punto che il supporto americano a una prossima risoluzione al Consiglio di Sicurezza ONU da parte dei palestinesi non è più da escludere. E non importa se Hamas, vedendo Israele ancora più isolata senza lo storico alleato, potrebbe decidere di aumentare il numero di attacchi violenti, la nascita dello Stato palestinese deve avvenire in modo celere, magari anche prima della scadenza del mandato presidenziale di Obama.
Questo non significa che la strada della pace sia da abbandonare, ci sono quattro condizioni che creerebbero un ambiente adatto alla ripresa dei negoziati e che andrebbero presentate ad Abbas:
1 Basta con le scenate alla Corte Penale Internazionale. Cercare la criminalizzazione del partner nel processo di pace non è esattamente uno strumento adatto a far crescere la fiducia reciproca
2 Stop alle mosse unilaterali alle Nazioni Unite. L’unica possibilità di veder nascere uno Stato palestinese passa necessariamente per negoziati bilaterali con Israele.
3 Rinuncia completa alla violenza. Incitare alla violenza contro gli ebrei e negare il loro legame ancestrale con Israele non fa altro che distorcere l’immagine internazionale dello Stato ebraico e contribuisce all’esplosione di atti antisemiti in giro per il mondo.
4 Trasparenza sull’utilizzo degli aiuti economici americani ed europei. Se si chiamano aiuti devono necessariamente raggiungere chi ne ha bisogno, se oggi si tenessero libere elezioni in West Bank Hamas stravincerebbe per colpa della corruzione dilagante nei vertici dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Netanyahu ha recentemente affermato l’indisponibilità a far nascere uno Stato palestinese durante il suo mandato ma gli israeliani sanno benissimo che se ci fosse un partner affidabile fra i palestinesi qualsiasi Primo Ministro si siederebbe al tavolo delle trattative in un battito di ciglia. Sicuramente Bibi farà qualsiasi cosa in suo potere per de-personalizzare il rapporto USA-Israele ma nessuno si aspetti una retromarcia sul capitolo Iran, una minaccia esistenziale non solo per lui ma per qualsiasi ebreo vivente. La scelta dell’elettorato israeliano è un chiaro messaggio agli Stati Uniti: Israele non starà a guardare mentre i suoi vicini implodono e mentre prende forma un accordo con l’Iran che potenzialmente mette a repentaglio l’intera stabilità della regione. Per ora si può solo sperare che Obama e Netanyahu mettano da parte le divergenze e comincino a lavorare insieme per le sfide che li attendono.