In una lettera al nuovo presidente Usa Donald Trump, Abu Mazen gli ha chiesto di non spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme, come preannunciato nel corso della sua campagna elettorale.
A riferirlo è l’agenzia Wafa, secondo cui per il presidente dell’Anp il provvedimento avrebbe “un impatto disastroso sul processo di pace, sulla soluzione dei due stati e sulla stabilità e sicurezza dell’intera regione”.
La missiva a Trump non è stata l’unica inviata da Abu Mazen. Il leader palestinese, infatti, ne ha fatte pervenire altre ad alcune potenze mondiali, fra cui a Unione Europea, Russia e Cina, chiedendo di “non risparmiare alcuno sforzo” per impedire lo spostamento delle sede diplomatica da Tel Aviv a Gerusalemme.
A dicembre la portavoce di Trump, Kellyanne Conway, ha sottolineato che il cambio è “una grande priorità” del nuovo presidente che inizierà ufficialmente il suo mandato il prossimo 20 gennaio, che come futuro ambasciatore in Israele ha nominato David Friedman, dettosi impaziente di svolgere il suo lavoro “nella capitale eterna d’Israele, Gerusalemme”.
La settimana scorsa, in un discorso a Beit Sahour, vicino Betlemme, Abu Mazen aveva ammonito che “ogni dichiarazione o presa di posizione che rimette in causa o modifica lo statuto di Gerusalemme è una linea rossa e non l’accetteremo mai”.
Le domande da porre sarebbero: cosa avete accettato delle proposte che vi sono state fatte? Oppure: cosa accettereste oggi?
Domande che cadrebbero nel silenzio.
La questione semmai è un’altra. Che Gerusalemme sia la capitale d’Israele non è solo una certezza politica, ma anche storica.
Gerusalemme fu la capitale giudaica tra il X e il VI secolo a.C.
Gerusalemme è la capitale d’Israele oggi e lo sarà domani. E lo sarà anche dopodomani. Gerusalemme sarà la capitale d’Israele, sempre.