Gerusalemme capitale d’Israele. Il riconoscimento del presidente Usa Donald Trump è considerato un errore da gran parte della comunità internazionale e una conferma per gli israeliani che hanno sempre ritenuto Gerusalemme la capitale dello Stato ebraico.
Le reazioni contrarie sono state caratterizzate anche da parole estremamente violente, che hanno incitato a una nuova intifada. Hamas, Olp, Anp e alcuni paesi arabi hanno già affermato che le future violenze contro il popolo ebraico, quello israeliano e quello americano saranno da ricercare in questo riconoscimento che, peraltro, era stato sancito da una legge dal Congresso Usa già nel 1995, ma mai attuato prima del 6 dicembre scorso.
Ci sono state, poi, reazioni dure ma edulcorate, soprattutto in considerazione da chi le ha pronunciate. L’Unione europea ha espresso la propria “grave preoccupazione”, diventata “profonda preoccupazione” per Papa Francesco.
Ma mentre c’è poco da stupirsi per la lunga mano tesa dell’Europa alla causa palestinese, accompagnata da numerosi finanziamenti di cui poi si perde “traccia”, salta all’occhio l’affermazione del Pontefice che ha invocato “prudenza e saggezza” per non avvelenare ulteriormente il “panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti”.
Una domanda che sta circolando nelle ultime ore è: quali paesi potrebbero seguire il percorso tracciato da Donald Trump e dagli Stati Uniti, spostando la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme? Secondo alcuni voci Repubblica Ceca, Filippine, Ghana e Tanzania.
Veniamo ora ai fatti contro la decisione americana: uno simbolico, l’altro decisamente meno: a Betlemme è stato spento l’albero di Natale in Piazza della Mangiatoia, mentre da Gaza sono stati lanciati due razzi verso Israele.
L’episodio non è stato condannato dalla comunità internazionale, il cui silenzio è divenuto sinonimo di legittimazione.
Ricapitoliamo: Gli Usa riconoscono Gerusalemme capitale d’Israele e dalla Striscia vengono sparati due lanci verso lo Stato ebraico.
Un errore di obiettivo? Tutt’altro. È solo un pretesto per attaccare Israele e i suoi cittadini.
Come durante la prima guerra del Golfo, quando Saddam Hussein lanciava missili contro le città israeliane, mentre il nemico militare dell’Iraq erano gli Usa.
Se il riconoscimento americano è visto come una provocazione, perché non lo sono altrettanto le risoluzioni Unesco che hanno provato a mettere in dubbio il legame millenario tra il popolo ebraico e Gerusalemme? In quei casi non ci sono stati attacchi fisici, come il lancio di razzi, all’organo della Nazioni unite da parte di Israele.
Due pesi e due misure, come spesso accade.
E come spesso accade in casi eclatanti come questi, alcune dichiarazioni si perdono o vengono fagocitate da altre. Abu Mazen ha detto che Gerusalemme è la capitale dello stato palestinese, di cui le cartine geografiche non riportano traccia.
Per stato palestinese, il leader dell’Anp cosa intende? La West Bank o Gaza?
Quando si afferma che il riconoscimento Usa ha minato il processo di pace e la soluzione a due stati, si tiene contro che gli stati sono tre? Israele, Anp e Hamas?