Signor Direttore,
mi permetto di attirare la sua attenzione sull’articolo a firma Vittorio Emanuele Parsi, pubblicato da Panorama, la rivista che lei dirige, l’11 maggio 2017 a pagina 28 che le riproduco di seguito.
“Il governo di Netanyahu ha già gridato all’inganno, sostenendo che la nuova «Carta costituzionale» di Hamas mira solo a intorbidire le acque, ma non cambia la sostanza dell’obiettivo finale del movimento islamista palestinese: la distruzione dello Stato ebraico. Si tratta di una reazione prevedibile, da parte di uno degli esecutivi israeliani più scettici verso il dialogo con i palestinesi, da quando gli Accordi di Oslo sono stati firmati. E non c’è dubbio che margini di ambiguità esistono nel nuovo «Statuto», che per la prima volta rivendica come confini dello Stato palestinese quelli del 1967, senza però riconoscere lo Stato ebraico. E non è questa l’unica novità della Carta identitaria di Hamas, al governo della Striscia di Gaza da quando, nel 2006, vinse corrette elezioni politiche. Sparisce ogni riferimento alla Fratellanza musulmana, di cui Hamas è storicamente un’emanazione, così come viene esplicitata la differenza tra «sionisti occupanti» e semplici ebrei. dall’isolamento internazionale e dalla lista dei gruppi terroristici, che lo rende troppo facilmente assimilabile allo Stato islamico, che invece per il movimento palestinese rappresenta un insidioso competitor. Alla stessa categoria si iscrive la presa di distanza dai Fratelli musulmani, arcinemici del presidente egiziano al Sisi, con cui volente o nolente la dirigenza di Hamas deve fare i conti. Ma non è detto per nulla che passi sia pur motivati da ragioni tattiche non possano produrre cambiamenti strategici, se non vengono lasciati cadere nel nulla da parte della comunità internazionale. Comunità che ha tutto l’interesse a distinguere tra le tante organizzazioni armate del Medio Oriente e a favorire l’evoluzione politica di Hamas, piuttosto che lasciarla marcire e contagiarsi nel calderone del «terrorismo jihadista». In fondo, anche l’Olp all’origine praticava la strada della violenza. Ed è stato proprio l’incoraggiamento a intraprendere una strada diversa, con il riconoscimento degli sforzi attuati, ad averne cambiato profondamente la natura. «Le parole sono pietre» recita l’antico adagio: è vero ovunque e lo è ancora di più in Medio Oriente, dove nessuna dichiarazione lascia il tempo che trova. O ci siamo dimenticati l’eco disastroso delle parole di Benjamin Netanyahu, quando durante la campagna elettorale affermò che non avrebbe mai applicato gli Accordi di Oslo? Quelle di Hamas non sono ancora parole di pace, ma se non altro vanno nella giusta direzione. Sarebbe un delitto politico sottovalutarle.”
Signor Direttore, Parsi non può non sapere che gli Accordi di Oslo che lui ha citato neanche si fosse trattato di un testo sacro, non sono mai stati ratificati dall’OLP ma nell’articolo c’è anche di peggio. Nell’articolo Parsi scrive che l’OLP solo all’origine praticava la strada della violenza cercando di far passare come dato di fatto una menzogna perché la strada della violenza da parte dell’OLP, di Fatah e degli attuali dirigenti dell’ANP continua come un moto perpetuo apparentemente inarrestabile. Mi chiedo e le chiedo: gli attentati, accoltellamenti, bombe molotov e sassate lanciate sulle auto di passaggio, investimenti volontari sulle strisce pedonali o alle fermate degli autobus, sono finiti? I familiari dei terroristi uccisi dalle forze di sicurezza israeliana non ricevono forse dall’ANP ricche pensioni solo perché i loro ‘martiri’ hanno portato violenza contro gli israeliani? Terroristi assassini non sono tuttora esaltati dal leader di Fatah, pure leader dell’OLP? La triste realtà e che gli atti di violenza non sono diminuiti, quelli che hanno avuto una flessione drastica sono stati gli attentati dei terroristi suicidi che si facevano saltare in aria nei bar o nei ristoranti cercando di mietere quante più vittime possibili fra i civili israeliani. Questo dato, questa flessione, lo dobbiamo ai leader arabi-palestinesi dopo la firma di Oslo o è il risultato della costruzione del muro di difesa voluto da Ariel Sharon? Parsi non può non sapere che all’indomani della firma del trattato di Oslo Arafat ricordò, a chi lo criticava e gli chiedeva spiegazioni, che anche Maometto aveva firmato una tregua per potersi rinforzare quando poi, rotta la tregua, poté sbaragliare il nemico. Perché di fatto, caro direttore, nel mondo arabo la pace non esiste, esistono solo delle tregue momentanee che servono a prepararsi a una nuova guerra. Questo lo so io, lo sai lei e lo sa anche Parsi. Dare poi credito al cambio di parole “sionisti occupanti e semplici ebrei” in un contesto come quello mediorientale è segno di profonda incompetenza o, peggio ancora, di malafede. Non so quale delle due mi metta più paura, perché non si può dare credito ad una organizzazione che nel suo statuto ricorda le parole del Corano che ordinano di uccidere fino all’ultimo ebreo che si nasconde dietro una pietra. Non credo che una testata importante come Panorama possa concedere una “patente di democrazia” ad Hamas (vinse corrette elezioni politiche, scrive!) dimenticando tout court il colpo di stato manu militari che Hamas ha fatto contro Fatah all’indomani delle elezioni, le uccisioni dei suoi leaders nella striscia di Gaza. Non si può altresì nascondere sotto quale tallone militare la popolazione della striscia è costretta a vivere dai quei giorni, per non parlare dello scempio e sperpero che i vertici dell’organizzazione fanno degli aiuti umanitari e dei milioni di dollari in contanti che arrivano da tutto il mondo. Milioni di dollari che dovrebbero finanziare la costruzione di infrastrutture e che invece sono impegnati nell’acquisto di armi di tutti i tipi e nella costruzione di tunnel in una guerra che sta logorando da decenni una popolazione intera. Per finire voglio anche dirle che Parsi non può nascondere le parole del potente leader di Hamas Mahmoud Al-Zafar che ha affermato che l’ottenimento di uno stato palestinese serve a “conquistare definitivamente tutte le terre palestinesi”, fino all’ultimo centimetro e questo significa voler distruggere completamente lo Stato di Israele. Nascondere dichiarazioni di questo tipo denota mancanza di onestà intellettuale. Israele è una democrazia moderna e Benjamin Netanyahu ne è il suo Primo Ministro. Parsi è liberissimo di non amare questo uomo politico, anche di odiare Israele, ma non di far passare false verità come dati di fatto, e meno che mai non può farlo infangando le pagine di Panorama.
Distinti saluti
Emanuel Segre Amar