L’antisemitismo sul web sta facendo registrare numeri molto preoccupanti. Secondo una ricerca del Congresso ebraico mondiale, solo nel 2016 sono stati 382mila i post contro gli ebrei apparsi su internet: il ritmo è di un ogni 83 secondi.
La società israeliana Vigo Social Intelligence ha monitorato milioni di messaggi in venti lingue diverse, riuscendo a rivelare i dati di ciascuna piattaforma.
In testa a questa non invidiabile classifica c’è Twitter, su cui sono stati postati più della metà dei contenuti antisemiti (65%). Al secondo posto, molto staccato, c’è Facebook (11%), seguito da Instagram (6%) e YouTube (2%). Una percentuale da non sottovalutare è quella relativa al mondo dei blog (16%), superiore a quella dei forum (2%).
Esprime preoccupazione per l’antisemitismo in rete, l’amministratore delegato del Congresso ebraico mondiale, Robert Singer:
“Sapevamo che l’antisemitismo online era in aumento ma i dati di questo studio dimostrano come la situazione sia allarmante”.
A poco è servita la sottoscrizione del codice di condotta della Commissione da parte di Microsoft, Facebook, Twitter e YouTube. Solo un anno fa, aziende tech e piattaforme si erano impegnate per stringere le maglie dell’accessibilità sul web per gli incitatori di odio e violenza. Uno sforzo congiunto che al momento ha mostrato tutta la sua vulnerabilità, evidenziando una serie di lacune, che non sono sfuggite al Commissario europea per la Giustizia, Vera Jourová, intenzionata a introdurre leggi più severe nei confronti dell’universo web.
Web che è la cartina di tornasole di quanto accade nelle nostre società. Esiste l’antisemitismo sul web, perché esiste nel mondo reale. Non è una cosa a sé stante, ma la ramificazione digitale dell’odio verso gli ebrei che registriamo ogni giorni nelle nostre città.