Ieri il terrorista giordano Ahmed Daqamseh è tornato libero dopo 20 anni di carcere e, nonostante sia stato rilasciato alle 2.00 di notte, decine di persone lo hanno accolto per la strada come un eroe. Nel 1997 uccise 7 bambine mentre erano in gita scolastica ferendone altrettante.
Si può facilmente immaginar l’entusiasmo delle ragazzine di 13 anni in gita all’Isola della Pace a Naaraym, un posto meraviglioso sul fiume Giordano, al confine tra i due Paesi. Daqamseh era un soldato giordano di guardia quando imbracciò il suo mitra d’ordinanza per spezzare per sempre le vite di quelle bambine e con loro i sogni d’infanzia. Soltanto l’intervento degli altri militari giordani evitò una strage di dimensioni superiori.
Tutta Israele rimase scioccata dal massacro, ma dall’altra parte ci fu la magra consolazione del Re Hussein, che soltanto tre anni prima aveva firmato la pace con Rabin. Un uomo d’altri tempi, Hussein, che con commozione non tardò ad andare in Israele per portare il cordoglio suo e della Giordania alle famiglie delle giovani vittime, in un incontro ufficiale dove era presente anche l’attuale Premier Netanyahu.
Il terrorista fu condannato all’ergastolo, che prevedeva 25 anni di carcere, e non fu colpito dalla pena capitale perché ritenuto mentalmente instabile. Era il 13 marzo del 1997 quando Daqamseh compì il massacro, e il 12 marzo del 2017 è stato liberato, 5 anni prima che finisse di scontare la pena, ma c’era da aspettarselo. Come ricorda Fiamma Nirenstein nel suo articolo su Il Giornale, già quattro anni fa, 110 membri del parlamento giordano su 150 chiedevano la liberazione del terrorista. E oggi giù con caramelle, canti e cori di gioia, manifestazioni di un Medioevo culturale e di una società amante dell’odio e della morte che non si smentisce mai.