A seguito della sentenza del 22 marzo del 2013, la Terza Camera d’Appello della corte di Versailles dichiarò che Israele occupa legalmente Gerusalemme Est. Questa sentenza smentisce di fatto uno dei capisaldi dell’ultima risoluzione contro Israele, la 2334 del 2016, la quale stabilisce che gli insediamenti ebraici a Gerusalemme Est sono illegali insieme a quello in Cisgiordania. La sentenza di Versailles non si occupa degli insediamenti in Cisgiordania, ma è evidente che, se per essa, Israele occupa legalmente Gerusalemme Est, annessa de facto da Israele, nel 1980, è difficile non vedere come esso possa poi occupare illegalmente i territori in Cisgiordania.
Vediamo un attimo il caso nello specifico.
Negli anni ’90, Israele emise un bando per la costruzione della linea tramviaria a Gerusalemme, vinto dalle società francesi Veolia e Alstom. La linea fu messa in funzione nel 2011, e attraversa attualmente Gerusalemme da un lato all’altro, fino alla parte orientale e ad est dei territori occupati. Di seguito, l’OLP fece ricorso al tribunale di Versailles contro le due società, affermando che la costruzione era illegale poiché l’ONU, la UE, diverse ONG insieme a diversi governi affermano che Israele è occupante illegale di territori palestinesi.
Le contestazioni palestinesi davanti alla Corte furono le seguenti:
• L’OLP denuncia la deportazione del popolo palestinese e la distruzione dei beni immobiliari in violazione alle leggi internazionali. Appoggiandosi alle convenzioni di Ginevra, al tribunale dell’Aia e alle risoluzioni dell’ONU, considera lo Stato d’Israele occupante illegale dei territori palestinesi, a cui farebbe seguito una colonizzazione ebraica illegale. Ne conseguirebbe che anche la costruzione della linea tranviaria sarebbe illegale
• L’OLP aggiunge che la costruzione della linea tranviaria ha portato alla distruzione di abitazioni e di edifici di proprietà palestinese, tra cui la soppressione della strada nazionale 60, vitale per il commercio palestinese, a cui avrebbero fatto seguito numerose espropriazioni illegali. Inoltre afferma che diversi regolamenti del tribunale dell’Aia (articolo 5 della 9a convenzione del 1907, e l’articolo 53 del protocollo addizionale n.1 delle convenzioni di Ginevra) sono stati violati.
• Infine, l’OLP afferma che Israele viola i dispositivi relativi alla protezione dei beni culturali prevista dall’articolo 4 della convenzione dell’Aia del 14 maggio 1954, articolo 27 del regolamento dell’Aia del 1907, e l’articolo 5 della 9a Convenzione dell’aia del 1907, e l’articolo 53 del protocollo addizionale di Ginevra)
• Facendo riferimento ai testi sui quali si appoggia l’OLP, la Corte di Appello di Versailles stabilì che Israele è nel suo pieno diritto di assicurare l’ordine e la vita pubblica in Cisgiordania, quindi anche di costruire la linea tranviaria a Gerusalemme Est.
• La corte precisò che l’articolo 43 della 4arta Convenzione dell’Aia del 1907, stipula che « L’autorità del potere legale essendo passata di fatto nelle mani dell’occupante, questi prenderà tutte le misure che dipendano da lui per ristabilire ed assicurare, quanto è possibile, l’ordine pubblico e la vita pubblica, rispettando, salvo impedimento assoluto, le leggi vigenti nel paese”.
• La Corte spiegò che l’autorità Palestinese interpretava male i testi in quanto essi non si applicano all’occupazione :
• In primis, affermò la corte, tutti gli atti presentati sono firmati tra governi, e quindi gli obblighi e le interdizioni sono riferiti a Stati. Né l’OLP. Né l’Autorità Palestinese hanno mai firmato questi testi.
• In secundis, questi testi s’impongono esclusivamente a quelli che li hanno firmati, poiché sono vincolati a farlo. Ma né l’OLP né l’Autorità Palestinese hanno mai firmato questi testi
La Corte inoltre precisò e dichiarò che il diritto in sé non può basarsi sulla sola presentazione [da parte dell’OLP] di una situazione politica o sociale. L’OLP invocava la violazione del diritto umanitario contenuto nelle convenzioni di Ginevra e dell’Aia. La corte affermò che le convenzioni internazionali si applicano tra stati, mentre l’Olp non lo è: “La Corte Internazionale di Giustizia ha indicato che esse (le convenzioni) degli stati non contengono che delle obbligazioni a carico degli stati e che la facoltà da parte dei singoli di invocarle non è menzionata ». Inoltre conferma che solo le parti vincolate sono legate alle convenzioni internazionali, ma né l’OLP né l’Autorità Palestinese hanno mai firmato questi testi
E concluse affermando che l’OLP interpretava il testo in modo errato poiché la Convenzione dell’Aia si applica in caso di bombardamenti. E « ….Gerusalemme non è stata bombardata » La corte concluse la sua disamina dichiarando che l’OLP non poteva invocare nessuna delle convenzioni internazionali. « Queste norme internazionali convenzionali « non danno al popolo palestinese, che l’OLP dice di rappresentare, il diritto di invocarle davanti a una giurisdizione »
La Corte di Appello condannò l’ALFPS (Association France Palestine Solidarité) e l’OLP a pagare 30.000 euro a Alstom, 30.000 euro a Alstom Transport, e 30.000 euro a Veolia Transport. Né l’OLP, né l’autorità palestinese fecero ricorso in Cassazione.
Cosa mette in luce questa sentenza ? Che per la Corte d’Appello di Versailles non sussiste alcun presupposto di illegalità relativo alla realizzazione di un’opera infrastrutturale di beneficio pubblico all’interno dei cosiddetti territori “occupati”. Il postulato dell’OLP, rigettato dalla corte era, che essendo considerata illegale l’occupazione dei territori doveva essere di fatto illegale anche qualsiasi intervento strutturale all’interno dei medesimi. Ma la Corte di Versailles afferma che così non è.
“Lo scopo della accusa era quello di accusare le compagnie francesi di violare la legge internazionale partecipando a qualcosa di illegale. La corte ha rigettato ciò e ha dichiarato che non si può affermare che l’occupazione dei territori sia illegale”, affermò, all’epoca della sentenza, Alan Baker, già consigliere legale del Ministero degli Esteri israeliano. “Secondo la Convenzione dell’Aia è compito degli occupante, una volta ottenuto il controllo, di governare il territorio. Ed è esattamente quello che fanno gli israeliani”.
La Corte d’Appello di Versailles non fece che ribadire sostanzialmente quello che uno dei maggiori giuristi del Novecento, Julius Stone, aveva sottolineato, “Il precetto basilare della legge internazionale concernente i diritti di uno stato vittima di una aggressione, il quale abbia legalmente occupato il territorio dello stato aggressore per legittima difesa, è chiaro. E sussiste ancora come legge internazionale a seguito della Carta, la quale non concede alcun potere all’Assemblea Generale dell’ONU di emendare tale legge. Il precetto è che un occupante legale come Israele è autorizzato a restare in controllo del territorio coinvolto in attesa della negoziazione di un trattato di pace”.
In The Place of International Law in the settlement of disputies by the Security Council, Dame Rosaylin Higgins, già Presidente della Corte Internazionale di Giustizia afferma testualmente:
“Non vi è alcunché nella Carta delle Nazioni Unite o nelle leggi internazionali che lasci supporre che l’occupazione militare, in assenza di un trattato di pace sia illegale…La legge dell’occupazione militare, col suo tessuto complesso di diritti e di doveri, rimane integralmente rilevante fintanto che le nazioni arabe accettino di negoziare un trattato di pace, Israele è di pieno diritto autorizzato a rimanere nei territori che attualmente detiene”.
Essendo Israele difficilmente attaccabile sotto questo aspetto (malgrado la grottesca richiesta fatta a seguito della Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, da parte araba e sovietica che Israele restituisse i territori. A chi? alla Giordania che se li era annessi illegalmente?, ai palestinesi ivi residenti ai quali non è attribuita giuridicamente alcuna sovranità sui territori medesimi?), l’occupante (di fatto, militarmente Israele è occupante, ma solo in questo senso e a tutela della propria difesa e di quella dei coloni insediati nei territori), si è provveduto a livello politico e giuridico a definire illegale la presenza degli insediamenti stessi e a fare in modo che Israele risultasse comunque sempre fuori legge.
Lo si è fatto interpretando l’Articolo 49 della Convenzione di Ginevra 25, in modo da fare apparire l’impresa degli insediamenti, legittimata di fatto dal Mandato per la Palestina, come una impresa illegale e soprattutto come il principale ostacolo per la pace.
La presunta violazione dell’Articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra da parte di Israele fa riferimento al paragrafo relativo a “Deportazioni, Trasferimenti, Evacuazioni”. L’articolo stabilisce l’illegalità della deportazione di popolazioni da un territorio conquistato da parte dell’occupante e il trasferimento di popolazioni dal territorio dell’occupante a quello conquistato. Venne scritto avendo bene in mente ciò che accadde in Europa orientale durante la Seconda Guerra Mondiale a opera della potenza occupante nazista. Non avendo mai Israele deportato alcun arabo dai territori della West Bank il problema, evidentemente, è un altro. Ed è, ovviamente, quello degli insediamenti. Anche in questo casi Israele non ha mai trasferito forzatamente alcun cittadino israeliano all’interno della West Bank.
Nel suo articolo Historical Approach to the Issue of Legality of Jewish Settlement Activity, Eugene W. Rostow, uno degli architetti della Risoluzione 442 scrive “La Convenzione è applicabile agli atti di un assegnatario ‘svolti sul territorio di un altro’. La West Bank non è il territorio di un potere assegnatario, ma la parte non allocata del Mandato Britannico. E’ difficile, quindi, vedere come anche la lettura più letterale della Convenzione possa fare sì che ciò si applichi agli insediamenti ebraici nei territori del Mandato Britannico a occidente del fiume Giordano. Anche se la Convenzione può essere interpretata al fine di prevenire gli insediamenti durante il periodo dell’occupazione, tuttavia essa non può fare nulla di più che sospendere, non porre fine, ai diritti conferiti dal Mandato. Quei diritti possono essere posti a termine solo con il venire in essere e il riconoscimento di un nuovo Stato o l’assorbimento dei territori in uno Stato vecchio” (corsivi miei). (Eugene W. Rostow, Historical Approach to the Issue of Legality of Jewish Settlement Activity, The New Republic, 23/4/1990).
La fraudolenza dell’ultima risoluzione ONU contro Israele, la 2334, votata il 22 dicembre del 2016 con la complice astensione dell’Amministrazione Obama non fa che emergere flagrante sotto il peso schiacciante di evidenze giuridiche che solo un cieco, o un ideologo accecato, può non vedere.