È boom dell’economia israeliana: a trainarla è il settore delle nuove tecnologie, uno dei fiori all’occhiello dello Stato ebraico. Il governo ha pubblicato i dati, i quali hanno mostrato che nel quarto trimestre del 2016 il Pil è cresciuto a un tasso annualizzato del 6,2%. Nell’Ocse, l’organizzazione che raccoglie i Paesi industrializzati occidentali, Israele ha fatto registrare il risultato migliore. Un altro segno della salute dell’economia in Israele è il tasso di disoccupazione, sceso del 4,3% nonostante le tante persone entrate nel mercato del lavoro negli ultimi anni.
Il settore edilizio ma soprattutto l’high-tech sono quelli che stanno sostenendo maggiormente il paese, diventato in un decennio una piccola Silicon Valley del Medio Oriente. Le imprese ad alta tecnologia, solo nell’ultimo trimestre hanno attirato capitali per 4,8 miliardi di dollari. Un dato eccellente trainato dall’aumento di investimenti che nel 2016 hanno avuto una crescita del 40%.
Anche gli investimenti stranieri hanno e stanno giocando un ruolo fondamentale in questa crescita. Esemplificativo è quello di Intel, il gigante americano che sta sborsando 6 miliardi di dollari per un impianto di fabbricazione di microchip di ultima generazione nella cittadina di Kiryat Gat.
I dati sono evidenti, ma la quali sono le chiavi del successo che li hanno generati?
Ingenti investimenti sulla ricerca, una popolazione altamente istruita, l’esercito, una vera e propria fucina di talenti del settore dell’alta tecnologia, e le innovazioni delle sue start-up: software per la cybersicurezza, prodotti per l’industria finanziaria, nuove app per smartphone e tante altre innovazioni che hanno fatto crescere le esportazioni dell’8%.
Per la ricerca Israele spende il 4,3% del Pil, più di ogni altro Paese Ocse. In Italia il dato si abbassa all’1,3%, sotto la media europea del 2%.