La “pietra d’inciampo” posata a Milano in memoria di Dante Coen lo scorso giovedì è stata imbrattata poche ore dopo da ignoti che l’hanno coperta con la vernice nera. Ad accorgersi dell’oltraggio accaduto in via Plinio 20 è stata la famiglia del deportato e ucciso ad Auschwitz, che ha ripulito la “Stolpersteine” e ha chiamato la polizia. La figlia di Dante, Ornella, che lavora al Cdec, centro di documentazione ebraica contemporanea, ha raccontato la vicenda:
“L’abbiamo trovata coperta da una vernice nera la mattina di sabato. Mio marito lo prevedeva, io ero fiduciosa che la città avrebbe avuto rispetto. Comunque addolorata e avvilita, sono andata a comprare l’acquaragia e con mia figlia Laura siamo scese in strada a pulire. Lo trovo un oltraggio grave alla memoria di una persona che non c’è più e che non si può difendere. D’ora in poi vigileremo tutti i giorni perché questo non accada di nuovo. Credo che questo sfregio sia il frutto di un clima brutto in cui il negazionismo ha ancora molto seguito”.
Sfregio che ha visto la dura e ferma condanna della Comunità Ebraica di Milano, il cui assessore alla Cultura, Davide Romano, ha affermato:
“Siamo addolorati e indignati, ma non ci fermeremo e continueremo a installare pietre in memoria dei nostri morti. Sappiamo che a qualcuno queste ‘Stolpersteine’ danno fastidio: si chiamano ‘pietre d’inciampo’ non per niente”.
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, in un post su Facebook ha commentato lo spiacevole episodio:
“Lo sfregio della ‘pietra d’inciampo’ per Dante Coen è un gesto inaccettabile. La memoria viene prima di tutto e Milano non si piegherà mai di fronte a chi vuole cancellare le nostre radici”.
Dante Coen, originario di Ancona, si trasferì a Milano dove aprì un negozio di tessuti in via Donatello assieme alla moglie, da cui ebbe cinque figli.
Le leggi razziali e il pericolo di essere catturato lo costrinsero a cambiare più volte residenza, ma tutto venne reso vano dal suo arresto avvenuto la mattina del 26 luglio 1944 per mano assassina delle Ss, che lo portarono all’hotel Regina, in cui venivano condotti interrogatori e torture. Poi fu rinchiuso a San Vittore e spedito ad Auschwitz il 2 agosto 1944 con un treno in cui salì anche il fratello Umberto arresto a Torino, ma non si sa se i due riuscirono a vedersi.
A Dante Coen è stata calpestata la vita, ora anche la memoria.