9 Ottobre 1982, quando il terrorismo palestinese colpì gli ebrei di Roma

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David Spagnoletto
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Terrorismo

9 Ottobre 1982, quando il terrorismo palestinese colpì gli ebrei di Roma

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David Spagnoletto

Potremmo scrivere che era un anno in cui Israele era nel centro del mirino e che il clima in Italia e soprattutto a Roma per gli ebrei non era mai stato così difficile dopo la guerra. Il conflitto in Libano, Yasser Arafat in visita ufficiale in Italia accolto con tutti gli onori dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini al Quirinale e da Papa Giovanni Paolo II in Vaticano.

Potremmo, ma abbiamo deciso di non farlo, perché tutta la nostra attenzione deve essere rivolta a Stefano Gay Tachè, il bambino che venne ucciso nell’attentato compiuto da un commando di terroristi palestinesi alla Sinagoga Maggiore di Roma. Era sabato 9 ottobre, giorno in cui si celebra lo shabbat e in quel lontano 1982 (ma solo nel tempo) si stava celebrando anche Sheminì Atzeret che chiude la festa di Sukkot (festa delle capanne).

Erano le 11:55 quando terroristi palestinesi lanciarono una granata e sparano sulle persone inermi che stavano uscendo dalla Sinagoga. Il bilancio è di 41 feriti (secondo l’Archivio Storico Cer), di cui alcuni in maniera molto grave che ancora oggi portano i segni di quel vile gesto, e un morto: il piccolo Stefano Gay Tachè.

La Comunità Ebraica di Roma è colpita al cuore, ma dovrebbero esserlo tutte le persone che fanno dell’umanità un loro cavallo di battaglia, ma non è così. Non è così perché l’azione omicida dei terroristi, ufficialmente fatta per rivendicare l’invasione del Libano da parte di Israele, da dodici anni bersaglio di attentati terroristici sul suo territorio, non viene giudicata in un tutto il suo terrore da gran parte dei politici, media e opinione pubblica italiani, che tentato di giustificare l’ingiustificabile.

I terroristi riescono a fuggire, Osama Abdel Al Zomar, l’unico di cui si conosce l’identità verrà arrestato circa un mese dopo mentre cercava di passare il confine fra  GreciaTurchia portando con sé un carico di esplosivo, dimostrando tutto il suo pacifismo…

È un momento terribile per la Comunità Ebraica, ma lo è di più per una famiglia sconvolta dalla perdita di una parte di sé stessa che non vedrà mai crescere e che in più al funerale di Stefano (il 12 ottobre) dovrà vedere Sandro Pertini, a cui il Rabbino Capo Elio Toaff aveva chiesto a più riprese di non presenziare. Lo stesso Toaff nei giorni precedenti all’attentato aveva chiesto senza successo alle autorità di intensificare le forze di sicurezza intorno alla Sinagoga, specialmente nei giorni di festa.

Saranno mesi e anni difficili, in cui la Comunità Ebraica dovrà abituarsi a convivere con un dolore che ancora oggi rimane sulla pelle, anche di chi non ha vissuto quel terribile giorno. Ciò a cui non si abituerà mai è la perdita di un bambino vittima della follia omicida dei terroristi: Stefano Gay Tachè.

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