All’alba del 30 maggio scorso a Gaza sono stati giustiziati tre dei tredici palestinesi, condannati per omicidio e reati comuni. Il giorno precedente erano state annunciate le esecuzioni dal leader di Hamas Ismail Haniyeh, che le aveva ordinate in tempi molto serrati. Esecuzioni che non sono avvenute in pubblico come era stato annunciato in un primo momento, ma vicino alla sede centrale della polizia, dove erano presenti i parenti delle vittime che, rifiutandosi di perdonare, hanno impedito di salvare la vita ai tre uomini: Mohammed Othman, Yousef Abu Shamla e Ahmad Sharab.
Uno è stato fucilato, gli altri due sono stati impiccati. Il procuratore generale di Gaza ha sottolineato che i tre condannati si erano macchiati di crimini “terrificanti” e che la pena capitale servirà da deterrente. Hamas ha fatto sapere che le esecuzioni sono la risposta all’aumento della criminalità, aumentata nella Striscia. Il movimento terroristico islamico ha completamente ignorato il ruolo della presidenza dell’Anp che per la legge palestinese deve ratificare le condanne a morte.
C’è un dettaglio a cui bisogna far molta attenzione: Hamas ha sempre sostenuto di far riferimento alla legge palestinese…