La Mappa della Palestina è un clamoroso falso creato ad hoc negli anni’60 da un ufficio di propaganda arabo. Spesso definita come “mappa dell’occupazione israeliana in palestina” e in tanti altri modi, questa mappa ha una storia molto lunga e completamente diversa da quella che viene raccontata su molti libri, dossier, siti e social media. Dedicando due minuti alla lettura di questo articolo, avrete a disposizione tutti gli elementi per mettere a tacere il prossimo amico o lontano conoscente che condividerà questo assurdo falso storico.
Prima ancora dell’avvento di Internet, molte pubblicazioni relative alla Palestina riportavano una serie di mappe che avevano la pretesa di dimostrare, in modo inequivocabile, l’espansionismo israeliano nel periodo compreso fra il 1948 e il 1973. Il web ha permesso a questo obbrobrio storico di circolare in modo massivo, tanto che non c’è più un solo sito (di parte) dedicato all’argomento che non la inserisca in bella mostra sulle proprie pagine.
Se, da un lato, il web ha permesso ai migliori studiosi della questione israelo-palestinese di mostrare i presupposti fallaci e l’intrinseca falsità della mappa in questione, dall’altro in pochi hanno condotto ricerche sulla sua genesi, che affonda le sue radici in un buio ufficio nella New York degli anni cinquanta. È in quel periodo che nasce l’Arab Information Centre (AIC), un organo finanziato da 14 stati arabi e piazzato nel cuore dell’Occidente con l’unico fine di portare avanti una campagna propagandistica scellerata a favore del mondo arabo e della “causa” palestinese.
La scelta di New York non è casuale, oltre ad essere la città più importante del Mondo, la Grande Mela è la sede del Palazzo di Vetro, e gli stati arabi comprendono, forse prima di altri, quanto sia fondamentale convincere i rappresentanti delle varie nazioni sulla bontà della loro lotta all’imperialismo, al colonialismo e, naturalmente, al sionismo. Il Centro apre nel 1954 sotto la direzione di di Kamil Abdul Rahim, che dieci anni prima era stato il primo rappresentante diplomatico egiziano in Unione Sovietica ed ora è a capo degli uffici della Lega Araba.
Nel 1955 pubblica Basic documents of the League of Arab States, una raccolta di documenti relativi al funzionamento della Lega Araba e alle sue basi giuridiche, The Arab League : Its Origin – Purposes – Structure & Activities, seguono poi British imperialism in Southern Arabia (particolarmente amato dagli studiosi del c.d. Postcolonialismo, la maggior parte dei quali non hanno idea di chi l’abbia scritto) e , sempre nel 1958, Basic documents of the Arab unifications , Southern Yemen and Oman maps e Progress in the Arab states, gains and goals.
Altri uffici del genere aprono in diverse città degli Stati Uniti ed Europee, Roma compresa. In realtà, il Centro non offre approfondimenti storici o informazioni di qualsivoglia natura sui paesi arabi, ma solo una fitta propaganda anti-sionista (quando non smaccatamente antisemita) specie per mezzo delle già citate pubblicazioni. A questa si aggiunge una visione mitica, quasi paradisiaca, degli stati arabi che hanno tentato di massacrare gli Ebrei in ogni guerra dal 1948 in poi.
È in questo momento, fra l’inizio e la metà degli anni ’50, che l’equiparazione fra sionismo al nazismo passa dai tavoli della Lega Araba a quelli degli uffici AIC, dandole risalto internazionale. L’AIC spinge, infatti, per dare massima diffusione ai propri libelli presso i rappresentanti ONU che, in quel periodo, affollano New York. È interessante notare come, all’inizio, per far breccia anche nel sentire comune degli americani, l’AIC punti molto sul fatto che Israele sia una democrazia che accetta la presenza, in seno alla proprie istituzioni, di un partito comunista abbastanza forte.
Partiamo dal documento che più ci interessa; l’ultimo, in ordine cronologico, tra quelli pubblicati dall’AIC negli anni Sessanta. Si tratta di Israeli Expansionism (1967), pubblicato dopo la Guerra dei Sei Giorni.
Israeli Expansionism parla di questa guerra come se si fosse trattato di un’ingiustificata aggressione israeliana agli arabi, che, invece “non hanno rinunciato alla speranza di ottenere una soluzione equa e non-violenta della contesa“. La situazione non migliora se prendiamo il paragrafo dedicato dalla Guerra del 1948, anch’essa considerata un’aggressione degli Ebrei (!):
I Sionisti iniziarono a mettere in opera con grande intensità il Piano Dalet, ossia il loro Piano Generale per l’occupazione della Palestina. I Sionisti compirono orrendi massacri e fecero cadere nel terrore tutte le comunità Arabe […] Non è quindi comprensibile che i cittadini dei altri paesi Arabi, di fronte alla piaga caduta sui loro fratelli, abbiano sentito il dovere morale di muoversi in loro difesa?
La menzione del Piano Dalet, di cui abbiamo già parlato in un altro articolo, non è casuale, poiché è proprio nel corso degli anni ’60, a partire da Plan dalet: The Zionist Master Plan for the conquest of Palestine (1961), che Walid Khalidi specifica e amplia le sue assurde tesi sul piano di difesa ebraico.
Oltre alle solite accuse nei confronti di Israele, Israeli Expansionism presenta anche una caratteristica peculiare: la mappa (falsa) della Palestina, che mostra la (presunta) progressiva espansione di Israele ai danni degli inermi arabi. Nella versione del 1967, però, i nomi di Israele e Palestina non compaiono neanche! Quest’ultima viene infatti considerata parte integrante della Giordania e sottoposta all’autorità del regno hashemita e della U.A.R. (United Arab Republic), ossia quell’entità politica nata dall’unione tra Siria ed Egitto che ebbe vita molto breve (1958-1960).
La mappa inizia a circolare anche in ambienti politici, e in particolare nei circoli dei partiti comunisti europei (PCI compreso). D’altronde, ancora oggi molte organizzazioni islamiche, tra cui i Fratelli Musulmani, consigliano cercare amicizie negli ambienti più orientati a sinistra – dalle ONG ai partiti politici – utilizzando la causa palestinese e la lotta a un fantomatico imperialismo (ovviamente solo di matrice Occidentale, mentre quello Ottomano nei Balcani e tanti altri non vengono considerati) per iniziare a convincere quante più persone possibile della bontà della causa islamica.
Una prova tremendamente convincente di questo atteggiamento è un altro libello, Communism in Israel, pubblicato sempre dall’AIC nel 1958, appena prima dell’inversione a U sulla questione israeliana decisa dall’URSS. In questo volumetto, si leggono affermazioni che, visti i rapporti odierni fra mondo arabo e comunisti di terza e quarta generazione, fanno sorridere. In particolar modo, l’autore si vanta del fatto che tutti i paesi arabi considerino illegale il partito comunista, e che l’unica nazione del medio oriente in cui quest’ultimo ammesso è proprio Israele.
Il progressivo avvicinamento degli Arabi all’Urss porta inevitabilmente a limitare e, poi, abbandonare questa argomentazione. L’agenda rimane però la stessa: propaganda pro-palestina e filoislamica da un lato, lotta per equiparare il sionismo al razzismo dall’altro.
Fra i vari libelli stampati a cura e spese dall’AIC, è di particolare interesse quello del 1960 intitolato Immigration to Israel: a threat to peace, dove si leggono affermazioni quali:
Oggi, attraverso il terrorismo e le minacce di guerra, i Sionisti vogliono ampliare i loro territori anche grazie ad altra immigrazione. Lebensraum, che una volta era il grido di battaglia dei Nazisti di Hitler, è ora quello del Sionismo internazionale...
e
Gli Arabi guardano agli immigrati (ebrei) dall’Europa dell’est come a un potenziale pericolo di infiltrazione del comunismo in Medio Oriente. […] Recenti esperienze hanno enfatizzato i pericoli della perversione comunista e chiarificato la minaccia che questo rappresenta per gli stati Arabi.
Insomma, i comunisti di oggi dovrebbero capire che, per gli Arabi, loro rappresentano solo degli useful idiot. Persone da sfruttare e abbandonare alla prima occasione utile. Semplici grimaldelli.
Dopo altre pubblicazioni: the Middle East The truth about Israeli peace offers, The question of Palestine nel 1961, Palestine in the United Nations nel 1964 ed Education in the Arab states nel 1966, arriviamo finalmente a Israeli Expansionism, mandato in stampa nel 1967, all’indomani della Guerra dei Sei Giorni.