La giornata della Memoria, istituita dal Parlamento italiano, cade sempre nel periodo dei giorni che precedono o seguono la festa ebraica di Tu Bishvat. Gli eserciti alleati arrivarono ad Auschwitz proprio intorno a Tu bishvat e sempre in questo periodo leggiamo la parashà di Beshallach in cui troviamo la Cantica del mare che il popolo ebraico compose e cantò per essere stato liberato dal giogo egiziano.
Che relazione esiste tra questi due eventi così lontani nel tempo?
L’anno ebraico è costellato di feste maggiori e minori e di momenti attraverso i quali l’ebreo viene chiamato, attraverso le sue azioni e le mizvot, a fare un Tikkun, cioè a riparare e restaurare ciò che in qualche modo è stato “rotto”. In questo ambito rientra l’uso oramai consolidato del Tikkun di Tu Bishvàt meglio noto come Sèder Tu Bishvàt. Il termine Tikkun in questo caso si riferisce all’azione che fa l’uomo per riparare la colpa commessa quando ha mangiato i frutti dell’albero della conoscenza: una trasgressione può essere sanata con una mizva’. Non sappiamo quale fosse l’albero i cui frutti Adamo ed Eva non avrebbero dovuto mangiare, possiamo però cercare di porre riparo a quell’atto trasgressivo, mangiando in segno di mitzvà tutti i frutti possibili, nella speranza di individuare proprio quello giusto. Così facendo, operiamo un Tikkun mediante una mitzvà che restaura quella parte di realtà che era stata “contaminata” eseguendo un’azione simile.
Il termine Seder si riferisce al fatto che si mangiano frutti e si leggono dei brani secondo un ordine stabilito e si bevono quattro bicchieri di vino come a Pèsach. Il colore del vino con cui si riempiono i quattro bicchieri passa progressivamente dal bianco al rosso come alcune piante della Galilea che cambiano i propri colori dal bianco al rosso. Quindi il Seder è strettamente legato alla natura della Terra d’Israele. Così come Pesach ricorda la redenzione del popolo ebraico dalla schiavitù, Tu Bishvàt rappresenta la redenzione e il Tikkun dell’uomo ispirato dal risveglio della natura.
Nel cercare di ripristinare l’ordine primordiale vogliamo però recuperare non solo i frutti dell’albero della conoscenza, ma anche quelli dell’albero della vita, il cui segreto è stato nascosto all’umanità dai tempi in cui l’uomo fu cacciato dal giardino dell’Eden. La redenzione definitiva avverrà quando l’uomo avrà individuato i due alberi e ne potrà assaporare i frutti. Allora avrà ritrovato se stesso. Perché l’uomo è “come l’albero del campo” (Deuteronmio 20: 19), le cui radici sono però in alto e non in basso.
Sempre in questi giorni in varie città d’Italia sono state incastonate le pietre d’inciampo davanti alle case da cui furono deportati ebrei che non hanno più fatto ritorno dai campi di sterminio. Se ogni uomo è come un albero del campo, ogni ebreo che è stato deportato è come un albero che è stato sradicato dalla sua casa, dalla sua città.
Ma cosa ci insegna questo accostamento tra Tu Bishvat e le pietre d’inciampo? La Torà stabilisce che non si devono porre inciampi davanti al cieco; oggi invece si devono mettere inciampi davanti ai ciechi. Ora non c’è dubbio che durante la Shoà molti si siano comportati come se fossero ciechi e hanno fatto finta di non vedere ciò che accadeva intorno a loro. Anche oggi molti continuano a non vedere cosa accade in Europa, dove gli ebrei devono nascondersi e non andare in giro con la testa coperta dalla kippà. Ancora una volta si vogliono sradicare gli ebrei dai loro affetti e dai luoghi in cui hanno vissuto e prodotto per secoli.
E’ arrivato il momento che gli europei aprano gli occhi e si rendano conto che il prossimo bersaglio saranno non gli ebrei, ma i cittadini europei stessi. In questo momento sia ricordato in benedizione il Re di Danimarca Cristiano X che, quando i nazisti imposero agli ebrei di portare la stella gialla, fu il primo a indossarla: quando i capi dell’Europa unita impareranno la lezione del re di Danimarca? Solo allora potremo mangiare dei frutti dell’albero della vita.