Con l’accordo siglato tra il mondo e l’Iran – accordo che accontenta tutti tranne quelli minacciati dal nucleare iraniano – arrivano gli accordi economici. Vedere l’Italia prepararsi ad accogliere Hassan Rouhani come fosse un eroe, un premio nobel o una figura in grado di contribuire “in modo positivo alla pace e sicurezza regionale e internazionale” – parole con le quali l’alto rappresentante della politica estera europea Federica Mogherini salutò l’intesa sul nucleare – è uno spettacolo deprimente.
Certo, Roma ha suo bel tornaconto nel mostrarsi condiscendente con la Repubblica Islamica. L’Italia non era nel pacchetto dei paesi che hanno trattato con l’Iran, ma ansiosa di recuperare l’interscambio che aveva prima delle sanzioni, si è affrettata più di altri paesi ad accogliere una delegazione iraniana. Già ad agosto italiani avevano concluso la prima missione ufficiale a Teheran, e altri accordi economici sono previsti a fine novembre. Ma allora se l’Italia ci guadagna, perché essere avversi alla visita di Hassan Rouhani? Facile. Perché nessun accordo economico potrà mai compensare la cecità di fronte alle continue violazioni di diritti civili e delle donne, la tutela delle minoranze, il rispetto dei diritti umani, politici e religiosi in atto in Iran.
Per molti è stato tutto chiaro fin da subito: l’operazione simpatia del regime aveva l’obiettivo di portare al ritiro delle sanzioni. La distensione dei rapporti con l’occidente non corrisponde affatto ad un paese più aperto e pronto all’accoglienza che ha cominciato la sua parabola verso il rispetto di certi diritti. Questa visione ottimistica, che vuole presentarci Rouhani come un “moderato” non corrisponde affatto alla realtà. Riportiamo qualche dato estratto da Iran Human Rights (IHR), 27/01/2015:
La Repubblica Teocratica dell’Iran ha un sistema giuridico basato sulla sharia nel quale la pena di morte è prevista per omicidio, rapina a mano armata, stupro, blasfemia, apostasia, rapimento, tradimento, spionaggio, terrorismo, reati economici, reati militari, cospirazione contro il Governo, adulterio, prostituzione, omosessualità, reati legati alla droga. La legge islamica (art. 179 della Legge sulle Punizioni Islamiche) vieta l’uso di bevande alcoliche che è punito con la fustigazione e anche con la pena di morte per chi viola questa disposizione per tre volte. L’impiccagione è il metodo preferito con cui è applicata la Sharia in Iran. Avviene tramite delle gru per assicurare una morte più lenta e dolorosa. Come cappio è usata una robusta corda oppure un filo d’acciaio che viene posto intorno al collo in modo da stringere la laringe provocando un forte dolore e prolungando il momento della morte. Nell’aprile 2013, il Consiglio dei Guardiani dell’Iran, il corpo di religiosi che controlla l’attività parlamentare, ha reinserito la lapidazione nel codice penale come punizione per le persone condannate per adulterio. In caso di lapidazione, il condannato viene avvolto da capo a piedi in un sudario e interrato; un carico di pietre viene portato sul luogo e funzionari incaricati compiono l’esecuzione. L’art. 104 del Codice Penale stabilisce che “le pietre non devono essere così grandi da provocare la morte con uno o due colpi”, in modo che la morte sia lenta e dolorosa.
In Iran convertirsi al cristianesimo o ad altra religione è considerato un crimine capitale, mentre ai cristiani è permesso convertirsi all’Islam. I convertiti al cristianesimo sono spesso tormentati, perseguitati e costretti a riunirsi clandestinamente in chiese domestiche, mentre i missionari cristiani sono di solito espulsi dal Paese e a volte incarcerati per aver distribuito Bibbie o altro materiale religioso. La repressione di quasi tutti i gruppi religiosi non sciiti – in particolare dei Bahai, così come dei Musulmani Sufi, dei Cristiani Evangelici, degli Ebrei e dei gruppi sciiti che non condividono la religione ufficiale del regime – è aumentata significativamente negli ultimi anni. Gruppi bahai e cristiani hanno subito arresti arbitrari, detenzioni prolungate e confisca dei beni. Il regime considera i Bahai apostati e li bolla come una “setta politica”. Il Governo vieta loro di insegnare e praticare la fede e li sottopone a molte forme di discriminazione che altri gruppi religiosi non conoscono. Dalla rivoluzione islamica del 1979, il Governo ha giustiziato più di 200 Bahai. Negli ultimi anni, la repressione delle minoranze religiose si è addirittura intensificata. Nel nuovo Codice Penale Islamico approvato dal Consiglio dei Guardiani, il termine “omosessuale” è ha rilevanza penale e i rapporti sessuali tra due individui dello stesso sesso continuano a essere considerati crimini Hudud e soggetti a punizioni da cento frustate fino all’esecuzione. Secondo l’articolo 233, la persona che ha svolto un ruolo attivo (nella sodomia) sarà frustata 100 volte se il rapporto sessuale era consensuale e non era sposata, ma quella che ha giocato un ruolo passivo sarà condannata a morte. Se la parte attiva è un non-musulmano e la parte passiva un musulmano, entrambi saranno condannati a morte.
L’elezione di Hassan Rouhani come Presidente della Repubblica Islamica nel 2013 ha portato molti osservatori, alcuni difensori dei diritti umani e la comunità internazionale ad essere ottimisti. Tuttavia, il nuovo Governo non ha cambiato il suo approccio per quanto riguarda l’applicazione della pena di morte; anzi, il tasso di esecuzioni è nettamente aumentato a partire dall’estate del 2013. Secondo Iran Human Rights e l’Iran Human Rights Documentation Center (IHRDC), nel 2014 sono state effettuate almeno 721 esecuzioni, di cui solo 291 riportate da fonti ufficiali iraniane. Invece, le esecuzioni di minorenni sono raddoppiate nel 2014, fatto che pone l’Iran in aperta violazione della Convenzione sui Diritti del Fanciullo che pure ha ratificato. L’applicazione della pena di morte con condanne ed esecuzioni per fatti non violenti o di natura essenzialmente politica è continuata in Iran. Ed è probabile che molti altri giustiziati per reati comuni o per “terrorismo” erano in realtà oppositori politici, in particolare appartenenti alle varie minoranze etniche iraniane, tra cui azeri, curdi, baluci e ahwazi. Accusati di essere mohareb, cioè nemici di Allah, gli arrestati sono di solito sottoposti a un processo rapido e severo. Oltre alla morte, la punizione per Moharebeh è l’amputazione della mano destra e del piede sinistro, secondo il codice penale iraniano. In questi casi, le esecuzioni sono spesso effettuate in segreto, senza che siano informati gli avvocati o i familiari.
In effetti non c’è solo la pena di morte, secondo i dettami della Sharia iraniana, ci sono anche torture, amputazioni degli arti, fustigazioni e altre punizioni crudeli, disumane e degradanti. Non si tratta di casi isolati e avvengono in aperto contrasto con il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che l’Iran ha ratificato e che queste pratiche vieta. Migliaia di ragazzi subiscono ogni anno frustate per aver bevuto alcolici o aver partecipato a feste con maschi e femmine insieme o per oltraggio al pubblico pudore.
Il regime si è poi abbattuto in particolare nei confronti delle donne. La loro segregazione ha avuto un’accelerazione dopo la prima elezione di Mahmoud Ahmadinejad, il quale già durante il suo mandato di sindaco di Teheran inaugurò la separazione di donne e uomini negli ascensori. Le autorità iraniane hanno iniziato pattugliamenti di polizia nella capitale per arrestare le donne vestite in un modo giudicato sconveniente. I sostenitori della linea dura dicono che un velo inappropriato è una “questione di sicurezza” e che una “moralità spregiudicata” mette in pericolo l’essenza della Repubblica Islamica.
Se quanto sopra non vi sembra convincente forse suoneranno più persuasive le parole del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon, che ha condannato il forte aumento delle esecuzioni registrato in Iran dopo l’elezione di Rohuani e ha chiesto il rilascio di attivisti, avvocati e giornalisti, così come dei prigionieri politici incarcerati per aver esercitato il loro diritto alla libertà di parola e di riunione. “La nuova amministrazione non ha fatto alcun miglioramento significativo nella promozione e nella tutela della libertà di espressione e di opinione, nonostante le promesse fatte dal Presidente durante la sua campagna elettorale e dopo il suo insediamento”.
Quello che si chiede all’Italia è di non tacere di fronte a queste ingiustizie. Di levare con forza la propria voce contro questi abusi ponendo condizioni chiare per il prosieguo dei rapporti bilaterali. Ai massimi rappresentanti dello Stato italiano spetta per primi in europa il compito di porre la questione del rispetto dei Diritti Umani universalmente riconosciuti al centro di ogni incontro e intesa con rappresentanti iraniani. In occasione della visita del Presidente Rouhani in Italia, ci auspichiamo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Primo Ministro Matteo Renzi usino questa preziosa occasione per denunciare le violazioni di cui l’Iran si fa continuamente protagonista.
#diteloaRouhani. Se non possiamo ormai più impedire certi “effetti collaterali” dello sciagurato accordo sul nucleare, occorre almeno vigilare affinché le istituzioni non abbassino la testa e in nome del denaro svendendo le nostre coscienze.
Fonte | Nessuno Tocchi Caino