In un momento difficile come questo l’importante è rispondere con una voce forte e compatta: Non cadremo nella trappola dei terroristi

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Dario Sanchez
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Israele

In un momento difficile come questo l’importante è rispondere con una voce forte e compatta: Non cadremo nella trappola dei terroristi

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Dario Sanchez

Cari amici;

Non vi tedierò a lungo con le cronache gerosolimitane delle ultime settimane che vi raccontano di come il clima nella mia città, la capitale di Israele, si stia facendo di giorno in giorno – mi azzarderei a dire: di ora in ora – più teso in un crescendo di violenze e attentati ispirati e fomentati dai soliti burattinai (il presidente illegittimo di una Autorità inesistente, Abu Mazen, e i suoi burocrati) che vanno di pari passo, all’unisono, con le pressioni internazionali esercitate dal presidente dimezzato degli USA Obama e da alcuni Stati dell’Unione Europea (leggasi Svezia e Regno Unito, a cui potrebbe accodarsi presto l’Italia) che vedono nel riconoscimento unilaterale di uno “Stato di Palestina” con capitale Gerusalemme Est la via maestra alla Pace e non, come noi altri, il prologo di una nuova, terribile guerra.

E non vi parlerò nemmeno del perché il tram che prendo ogni mattina per andare a lavoro, o semplicemente per andare a fare la spesa al centralissimo mercato di Mahane Yehuda, vera e propria attrazione della mia città, sia diventato oggetto dei progetti sanguinari delle cellule islamofasciste che come un cancro si sono infiltrate nel cuore della società palestinese e, ahimè, in alcuni settori arabo-israeliani: c’è chi, come Ugo Volli, ha già egregiamente spiegato sulle pagine di Informazione Corretta il perché c’è chi, a Gerusalemme, al posto della metropolitana leggera simbolo dell’unificazione della Capitale e dell’integrazione dei suoi cittadini vorrebbe veder edificato un muro.

C’è chi parla, dal mio punto di vista erroneamente, della crescita nei quartieri ad est della capitale di Israele e nei territori contesi di una “nuova intifada”: ci troviamo in realtà di fronte a qualcosa di ben più pericoloso, un piano che tuttavia finora è stato sventato dalla reazione misurata delle autorità statali e dal grande senso di responsabilità della mia gente.

Ciò che vogliono le forze reazionarie dell’Islam Politico, ovvero quei fascisti di cultura araba che si sono formati nelle moschee e nelle scuole coraniche e che vedono nella realizzazione di un califfato basato sull’applicazione ferrea della Sharia un progetto politico da realizzare ad ogni costo , è tramite una crescente strategia della tensione arrivare allo scoppio di una guerra di religione tra ebrei e musulmani: una guerra civile entro i territori internazionalmente riconosciuti dello Stato di Israele e para-convenzionale a Gaza e nei territori contesi del West Bank. Non è un caso come l’oggetto di tutte le contestazioni verta su una autentica menzogna costruita ad arte per aizzare contro gli israele gli animi dei musulmani, tanto dei territori contesi quanto di tutta la regione: la notizia diffusa in tutto il mondo arabo che Israele sta pensando ci cambiare lo status-quo del Monte del Tempio/Spianata delle moschee è infatti falsa.

Un'unità della polizia palestinese della West Bank ripete il saluto nazista

La speranza di questi fanatici islamofascisti è che l’intensificazione e il crescendo degli attentati a Gerusalemme e in tutta Israele spinga un giorno non lontano settori ebraici della società ebraica israeliana, esasperata e spaventata da tutta questa violenza, a farsi giustizia da sé, dando il via a quella catena infernale di attacchi e rappresaglie che poi degenererebbe inevitabilmente in guerra aperta.

Vediamo tuttavia perché l’ipotesi di uno scenario così tremendo è lungi al di la di realizzarsi:

Chi conosce il popolo israeliano – io ho imparato a conoscerlo in maniera intima in questi sei mesi di “israelianizzazione” – conosce bene la sua indole pacifica, laboriosa, pragmatica: allevatori e agricoltori, costretti a farsi combattenti per difendere il pezzo di terra sotto i loro piedi, e non per amore dello scontro e della vendetta come la controparte araba. Soldati di un esercito popolare che solo di recente, negli ultimi dieci anni, hanno conosciuto lo sviluppo vertiginoso di una economia in costante crescita e tutta orientata alle nanotecnologie, alla bio-ingegneria, all’hi-tec. Una indole e una consapevolezza di essere parte di un comune destino che a portato la mia gente, nei momenti di difficoltà come questo, a fare in modo che nessuno, e ribadisco NESSUNO, sia lasciato solo di fronte al Terrore.

Ne sono testimonianza, nel mio piccolo, l’incredibile numero di autentici sconosciuti, di ogni origine ed estrazione sociale, che hanno aperto a me, immigrato solo e con la famiglia all’estero, le porte delle loro case e del loro cuore, tanto in guerra quanto in “pace”. E ne sono testimonianza le cronache di alcuni fatti che sono stati in grado di lasciare a bocca aperta il mondo intero, e persino i nostri avversari: mi riferisco ad esempio all’appello della madre di uno dei nostri tre adolescenti rapiti e trucidati da Hamas, che persino in uno dei momenti più duri, il funerale di suo figlio, ha avuto la lucidità e la forza di chiedere agli astanti di non cercare la vendetta e di non lasciare spazio nel cuore per l’odio. E mi riferisco alle 30.000 persone accorse SPONTANEAMENTE, senza che nessuno le chiamasse, al funerale di un ragazzo poco più che adolescente partito solo dall’America per amore di Israele, e morto solo a Gaza per difendere il suo Paese. E ancora, a tutti quegli episodi, grandi e piccoli e rimasti ignoti ai media, di episodi di accoglienza e solidarietà che hanno riguardato i cittadini del Sud di Israele nel corso dell’ultimo conflitto. E ancora, alla vicinanza tanto della politica quanto della gente semplice alle famiglie delle vittime e ai sopravvissuti negli ultimi attentati.

C’è un NOI in Israele – un Noi vero, un Noi fatto di mani tese e di abbracci – che nessun Terrore, di qualunque matrice, potrà mai spezzare: la fiducia nelle nostre forze di sicurezza, che sono figli e fratelli di tutti noi israeliani, è troppo forte per cedere all’istinto tribale della giustizia fai-da-te.

Risponderemo uniti, come sempre, a testa alta e soffrendo in silenzio, a questo ennesimo momento difficilissimo.
Non cadremo nella trappola dei terroristi.

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