Parigi, 16 luglio 1942. Le autorità di Vichy autorizzano il rastrellamento denominato “vento di primavera” perché doveva essere estremamente rapido.
Fin dalle prime luci dell’alba di quel giorno e il giorno successivo, più di 6.000 agenti di polizia eseguirono gli arresti in diversi arrondissement della capitale francese. «Polizia, aprite!» si sentiva tuonare dall’altra parte della porta. Poi i controlli di documenti d’identità e l’ordine di preparare le valige senza discutere.
Gli arrestati furono condotti al Velodromo d’inverno, circuito coperto per le gare di ciclismo vicino alla Torre Eiffel che da quel momento la storia lo trasformerà nel luogo del più grande arresto di massa di ebrei avvenuto in Francia durante l’occupazione nazista.
Il caldo era asfissiante e la scarsa igiene dovuta all’indisponibilità della metà dei bagni chiusi al pubblico perché provvisti di finestra che potevano servire come via di fuga, resero l’aria irrespirabile.
Il frastuono degli altoparlanti che chiamavano i prigionieri per gli ulteriori controlli, era insopportabile.
Mancavano acqua e cibo. Dei pompieri si impietosirono e il secondo giorno distribuirono l’acqua con gli idranti per bere e per rapide abluzioni. I lavoratori di una fabbrica accanto offrirono del pane e gli infermieri della Croce Rossa alcune zuppe. Al centro del velodromo venne eretto un ospedale di fortuna ma i casi seri dovevano essere trasportati in un vero ospedale e la burocrazia rallentava il passaggio non tenendo conto del pericolo per le vite dei malati.
Il 19 luglio le prime partenze per il campo di sterminio di Auschwitz, cui ne seguiranno altre tre sempre nello stesso mese.
I nazisti si lamentarono con le autorità francesi: il numero dei partenti era inferiore ai 22.000 ebrei previsti. Ebrei. Non persone.
Solo nel 1995 il Presidente Chirac riconobbe il ruolo e le colpe dello Stato nella persecuzione del popolo ebraico.
Non pubblicheremo le foto del Velodromo demolito nel 1959 con le immagini dei nostri fratelli ma questa lettera lanciata da un treno diretto al campo di sterminio di Auschwitz.
Probabilmente fu scritta da una madre che stava andando a morire.
Tentiamo una traduzione:
“Avrei voluto baciarvi ancora una volta.
Miei poveri figli che non vedrò più, non vi separate da Michel e non vi fate mettere in un orfanotrofio.
Scrivi(scrivete) a papà affinché vi salvi e a Paola.
Chiedi(chiedete) consiglio al pellicciaio di fronte.
Forse D-o avrà pietà di voi.
Partiamo domani destinazione sconosciuta.
Mi stringo a voi al mio cuore, piangendo.”