L’accordo di Vienna con l’Iran è un suicidio di massa consumato tra gli scroscianti applausi dei media e dei leader occidentali che lo salutano inspiegabilmente come un “progresso della pace nel mondo”. La dittatura clericale sciita invece non ha tenuto alcun comportamento virtuoso che possa in qualche modo giustificare l’allentamento di embargo e restrizioni e di conseguenza quest’aria di festa che aleggia nei TG di mezzo mondo. Queste concessioni piuttosto offrono al regime iraniano – lo sponsor più importante di terrore nel mondo, responsabile dell’uccisione di migliaia di soldati americani e che apertamente dichiara di voler annientare Israele – il controllo del Medio Oriente su un piatto d’argento.
In primo luogo, si lascia l’Iran con tutte le infrastrutture nucleari. Non si tratta affatto dell’auspicato programma “dismantle for dismantle” che in origine si proponeva di rimuovere le sanzioni in cambio dello smantellamento della capacità nucleare iraniana. Piuttosto l’accordo lascia le capacità nucleari del paese essenzialmente intatte, con la sola mediatica eccezione della conversione del reattore ad acqua pesante di Arak. L’Iran potrà migliorare la capacità di condurre la ricerca e sviluppo di centrifughe avanzate e la costruzione di missili balistici intercontinentali, il cui unico scopo è quello di trasportare testate nucleari.
Per mantenere le ambizioni nucleari dell’Iran sotto controllo nei prossimi dieci anni, P5+1 paesi (i cinque membri del Consiglio di Sicurezza più la Germania) – si affidano all’intelligence e agli ispettori. E qui, i precedenti storici non depongono a favore della soluzione quando addirittura Stati Uniti e Israele – che hanno due delle migliori agenzie di intelligence del mondo – hanno impiegato anni per scoprire le strutture segrete di Natanz e Fordow. L’Iran ha ingannato l’Agenzia internazionale per l’energia atomica per anni rifiutandosi di rivelare le dimensioni militari del suo programma nucleare, controlli che è riuscito a schivare anche poco prima della firma dell’accordo. Il tanto sbandierato slogan “anytime, anywhere” (“permettere controlli ovunque, in qualsiasi momento”) è stato declassato in un blando “sometime, somewhere” (“in un certo luogo ad una certa ora”) e già si odono sullo sfondo le risa dei politici iraniani abituati da anni a giocare al gatto e al topo con la comunità internazionale.
Le restrizioni poi sono temporanee, e le maggiori barriere tra dieci anni saranno rimosse. A quel punto, l’Iran avrebbe legalmente il permesso di lanciare un massiccio programma di arricchimento dell’uranio che potrebbe fargli ottenere in poche settimane materiale fissile per un intero arsenale nucleare. Come lo stesso presidente Obama ha ammesso, il tempo di rottura a quel punto sarebbe “quasi a zero”. Questo è il motivo principale per il quale questo accordo non blocca affatto il percorso dell’Iran verso la bomba nucleare! Accettando di restrizioni temporanee sul suo programma nucleare oggi, l’Iran ha la strada spianata verso l’arsenale di domani. C’è da considerare poi che ora che gli stati della regione sanno che il compromesso faciliterà il percorso dell’Iran verso la bomba, è sicuro che un certo numero di loro comincerà a correre per avere un programma nucleare proprio. E’ questa la prospettiva di pace che questa scellerata intesa vuole favorire? O piuttosto è la prospettiva di un’escalation nucleare a diventare molto più realistica?
E poi ci sono i 150 miliardi dollari ora congelati in conti bancari all’estero. Per un paese che ha un’economia di 3-400 miliardi di dollari equivale ad un’iniezione di capitale mostruosa. Davvero i nostri media pensano che questi fondi verranno spesi per nuovi centri di ricerca sul cancro a Teheran? O è invece più probabile che i miliardi affluiranno verso le milizie sciite in Iraq, il regime di Assad in Siria, gli Houthi nello Yemen, Hezbollah in Libano, i gruppi terroristici palestinesi a Gaza e altri protettorati terroristici iraniani nella regione? Il denaro andrà a rafforzare la rete iraniana globale del terrore, quella che ha utilizzato per perpetrare attacchi terroristici in cinque continenti in più di 30 città, da Buenos Aires alla Bulgaria, fino a Bangkok.
Invece di costringere l’Iran – attraverso un embargo che stava funzionando – a rinunciare definitivamente alle ambizioni nucleari – questa folle intesa gli consentirà di avere armi più pericolose, razzi più a lunga gittata, droni più sofisticati e mezzi più distruttivi nel cyberterrorismo. Favorire la corsa al nucleare dell’Iran fingendo di credere che sia per scopi civili quando in quella terra abbonda di petrolio è un abominio. Pensare poi di rinforzare la dittatura clericale sciita in chiave anti-Isis ha senso come curare il mal di denti con un martello pneumatico. Non è Israele – e le poche altre voci a sua difesa – ad essere paranoico, siete voi ad essere così sconsiderati da non avere più la malizia, la scaltrezza, l’intelligenza, l’umiltà, il coraggio di comprendere chi sono i vostri interlocutori in un vicino oriente che – grazie a voi – da oggi sarà ancora di più una polveriera.
*liberamente ispirato da un’articolo di Ron Dermer, ambasciatore israeliano negli Stati Uniti