Come tutti i giorni da un mese a questa parte, David, un uomo di sessantotto anni, sente degli spari per strada dalla sua abitazione nell’Est dell’Ucraina, vicino Donetsk. Ci sono combattimenti in quell’ area già da Aprile, ma questa volta è diverso: questa volta dei soldati, armati con pistole e fucili, lo afferrano e lo rapiscono. Hanno coperto la sua faccia con un cappuccio nero e lo hanno portato in un complesso nelle vicinanze dove si stima ci siano circa mille separatisti russi. Qui è stato interrogato, picchiato e infine torturato. Poi è stato spogliato e legato ad una sedia, mentre aveva ancora il cappuccio; successivamente gli è stato chiesto di costruire delle granate per un ufficiale russo, la ricompensa sarebbe stata la possibilità di rimanere in vita.
Un soldato, sempre russo, gli appoggia un coltello sul collo, promettendogli la decapitazione. Prima un altro soldato stava facendo la stessa cosa con un altro ostaggio, ed è stato fermato perché qualcuno gli ha spiegato che il comandante non avrebbe per niente gradito. Anche il boia di David torna sui suoi passi, lasciandolo in vita.
Il giorno dopo il suo rapimento, David è stato picchiato nuovamente e poi buttato giù da una macchina nei dintorni di casa sua. Si è svegliato in ospedale dove, tra tutte le ferite riportate, è stata ricostruita anche la sua mascella. David, che da mercoledì si è trasferito in Israele, è sicuro di essere stato fortunato che i rapitori non sapevano che fosse ebreo, altrimenti il suo destino sarebbe stato segnato. Se avessero saputo lo avrebbero sicuramente ucciso.
Tuttavia stamattina David, intervistato da un giornale israeliano, ha ringraziato lo Stato di Israele per averlo così prontamente accolto nel suo territorio. Il suo figliastro, un volontario dell’ esercito ucraino, è stato catturato dai separatisti russi. David, che ha scelto di tenere segreta la sua identità per non mettere in pericolo l’ incolumità di suo figlio, ha detto di essere sicuro che è ancora vivo da qualche parte in Russia. Sua figlia, senza un soldo e con due bambini, attende il rilascio del marito a Donetsk.
David e sua moglie, sono emigrati qualche giorno fa insieme ad altri novanta ucraini grazie agli sforzi della IFCJ, organizzazione internazionale presieduta dal rabbino Yechiel Eckstein che ha finora aiutato più di ottocento ucraini a trasferirsi in Israele. In Ucraina molti ebrei sono sfollati e senza fissa dimora, si stima siano circa centomila solo a Donetsk, e sono aiutati da organizzazioni come l’ IFCJ o l’ UK’s World Relief Jewish. L’ organizzazione di Eckstein, finanziata da donazioni di cristiani da tutto il mondo, fornisce un fondi ad ogni immigrato, mille dollari per ogni adulto e cinquecento dollari per ogni ragazzo, per soddisfare le prime necessità allo sbarco in Israele. L’ IFCJ lavora anche con i comuni per garantire alloggi e occupazione ai nuovi arrivati.
“La nostra motivazione nel portare ebrei ucraini a fare l’ Alyah è duplice: per salvare le loro vite che nel loro paese sono in pericolo, e per restituirli alla patria ebraica.” Ha detto Eckstein all’ arrivo dei novanta ebrei ucraini all’ aeroporto di Ben Gurion. Per David, che aveva già considerato la possibilità di fare l’ Alyah negli anni ’90, l’arrivo in Israele è l’ inizio di un nuovo, sicuro, capitolo della sua vita. Ha affermato di sentire un forte senso di appartenenza per Israele, dove si sente più sicuro che in Ucraina. Il suo rammarico è che molti suoi familiari sono rimasti in Ucraina, anche se non li giudica lasciandogli il diritto di fare le proprie scelte.