Lo scorso mese la polizia spagnola ha arrestato undici estremisti islamici operanti in diciassette diverse città della Catalogna, la regione situata a Nord-Est della Penisola Iberica. Attraverso le indagini, durate circa un anno, la polizia è risalita a dieci uomini e una donna di età compresa fra i diciassette e i quarantacinque anni tutti implicati in reati collegati al terrorismo jihadista.
Secondo l’agenzia di stampa Reuters gli arrestati sarebbero tutti affiliati allo Stato Islamico, un’ipotesi confermata anche dal Wall Street Journal. L’autorevole quotidiano statunitense è inoltre riuscito ad ottenere diverse informazioni sulla natura del gruppo: si facevano chiamare Fratellanza Islamica per la Predicazione della Jihad, stavano pianificando un attentato contro una libreria ebraica a Barcellona dove poi avrebbero rapito e decapitato alcuni ostaggi ed erano attivi nel reclutamento di combattenti da inviare nelle fila dell’ISIS in Siria.
Secondo il Ministero degli Interni in Spagna sono quarantadue le persone sospettate di terrorismo e arrestate nel 2015. Lo scorso anno il totale era invece di quarantasei. L’operazione fa parte dell’offensiva su larga scala condotta dagli Stati dell’Unione Europea subito dopo gli attentati alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e al supermercato kosher a Parigi avvenuti a Gennaio.
Se i terroristi fossero riusciti a portare a termine il loro piano probabilmente ora staremmo parlando di una vera e propria carneficina. I governi dei paesi occidentali stanno concentrando tutti i loro sforzi su questo approccio che potremmo definire preventivo ma ancora non hanno messo in pratica nessuna azione concreta per contrastare il crescente antisemitismo che ha portato agli attentati di Parigi, Nizza e Copenaghen e che spesso è alla base dell’ideologia che porta i cosiddetti “lupi solitari” a radicalizzarsi e ad agire con violenza contro gli ebrei.
