Singapore, un piccolo paradiso per gli ebrei

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Mario Del MonteEditor
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Ebraismo

Singapore, un piccolo paradiso per gli ebrei

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La grave crisi che colpì Singapore poco dopo la Seconda Guerra Mondiale portò la maggior parte della comunità ebraica locale ad emigrare altrove. Delle migliaia di ebrei residenti sull’isola del Sud-Est asiatico rimasero solo in centocinquanta, in prevalenza di origine irachena. Da quel momento la presenza ebraica è cresciuta significativamente e può contare oggi circa millecinquecento anime fra cui molti israeliani venuti per motivi di lavoro.

La comunità è composta in prevalenza da ebrei ortodossi e da famiglie benestanti. Lentamente, nel corso degli anni, si è allargata grazie all’afflusso di persone provenienti da ogni parte del mondo, ma il rispetto per quelli rimasti dopo la guerra spicca su ogni altro aspetto: ad esempio nell’anniversario della morte di David Marshall, avvocato ebreo di successo che ha ricoperto la carica di Primo Ministro a Singapore dal 1955 al 1956, molti cittadini appartenenti a religioni diverse si riuniscono per rendergli omaggio. Questo forte legame tra la cittadinanza e la comunità ebraica è dovuto in parte alla popolarità di Israele nella città-Stato, un senso di gratitudine che nasce dagli aiuti offerti dallo Stato ebraico quando Singapore ha dichiarato la sua indipendenza dalla Malesia nel 1965.

Il leader indiscusso della comunità è Rav Mordechai Abergel, rabbino capo dal 1994. La sua esperienza pluridecennale gli permette di essere coinvolto in qualsiasi decisione presa dalla collettività di cui si è guadagnato il rispetto mantenendola unita organizzando pranzi e cene per lo Shabbat ed eventi durante le maggiori festività. Il momento clou dell’anno è decisamente il falò di Lag Baomer, la ricorrenza che segna la fine del periodo di lutto legato alla morte degli studenti del rabbino Akiva iniziato la seconda sera di Pesach. Rav Abergel è anche colui che si occupa della macellazione rituale per la comunità, ha scelto lui stesso di farlo per cercare di tenere basso il prezzo della carne per chi osserva le regole della Kasherut. Inoltre si è specializzato anche nella pratica della circoncisione per quelle famiglie che non possono permettersi di far venire un Mohel (colui che pratica la circoncisione) direttamente da Israele.

Le sinagoghe attive a Singapore sono due, Chesed-El e Maghen Avoth. La seconda è situata in Waterloo Street, la strada che ospita il bagno rituale, alcuni negozi che vendono articoli provenienti da Israele e una sala dove vengono celebrati i matrimoni e i Bar Mitzvah. La comunità ha a disposizione anche una casa di riposo e una scuola, la Manasseh Meyer, in cui studiano circa 150 ragazzi. Il numero potrebbe essere anche maggiore se non fosse che gli israeliani preferiscono mandare i loro figli nelle scuole internazionali. Diversi anni fa Rav Abergel, insieme all’ambasciata israeliana a Singapore, ha istituito la scuola domenicale, un corso in cui gli studenti possono focalizzarsi sugli studi religiosi.

I rapporti con la popolazione non ebraica sono ottimi: il governo, ad esempio, non ha imposto nessuna restrizione sulle attività all’interno del David Elias Building, il palazzo dove hanno sede le maggiori istituzioni ebraiche del paese, nonostante l’edificio non appartenga più alla comunità da molto tempo. Quattro anni fa il rabbino capo espresse il desiderio di posizionare una channukiah, il tradizionale candelabro a nove bracci le cui luci vengono accese durante la festa di Channukkah, nella principale via di Singapore, Orchard Road, e dopo un breve incontro con alcuni residenti ottenne il permesso per la sua iniziativa.

Rav Abergel è sicuramente l’uomo al centro di questa viva comunità ma ha anche molti collaboratori che lo aiutano nell’organizzare le varie attività per i correligionari. Grazie alla loro dedizione qualunque ebreo si trovi a Singapore in vacanza o per lavoro non si sentirà mai solo.

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