Conversione o morte – una minaccia che la storia ha più volte riproposto. E che è anche il punto di partenza di un saggio storico appena uscito per i tipi de La Giuntina con il titolo “Il grande nascondimento: la straordinaria storia degli ebrei di Mashad”.
Si narra di un fatto successo nel 1839 quando viene assaltato il quartiere ebraico della città. Mashad è città santa per l’Islam sciita ed è la sede di un importante mausoleo meta di pellegrinaggi di devoti provenienti anche da molto lontano. La capitale Teheran è lontana ben 900 km e le autorità religiose sono de facto quelle che amministrano la città.
Ne parliamo con l’autore Daniel Fishman.
Cosa succede esattamente in quell’anno?
In tutti questi anni la ricostruzione dei fatti è avvenuta fondamentalmente per via orale, e questo per motivi di sicurezza. Vi è dunque una carenza di fonti attendibili che ricostruiscano esattamente l’incidente di partenza.
Una delle versioni più accreditate vuole che ad una vecchia signora ebrea sofferente di un ascesso ad una mano sia stata consigliato di mettere l’arto all’interno delle interiora di un cane. E che dopo averlo fatto, questa si sia sbarazzata del cane gettandolo in strada. Proprio mentre passava una processione musulmana. Un apparente affronto dunque, ma anche una storia che appare poco verosimile. Quello che conta è il contesto nel quale avviene.
E cioè?
Mentre in Inghilterra ci sono le prime battaglie per il suffragio universale e in Italia si inaugura la Napoli Portici, in Asia il dispiegamento della potenza coloniale inglese rompe delle situazioni pre-esistenti e molto meno dinamiche. La rivoluzione industriale, un nuovo rapporto uomo-donna, la gestione di nuove opportunità commerciali, sono solo alcune delle conseguenze della presenza britannica in quei luoghi. Ed è chiaro che chiunque si senta oppresso, le minoranze, le donne, le persone più liberali, vedono nella presenza degli inglesi, una opportunità.
Motivi politici dunque, oppure c’è dell’altro?
Direi un insieme di motivi politici, nazionali (gli inglesi hanno appena battuto l’esercito persiano), di rivalità commerciale ed anche religiosa. Il Patto di Omar ha già sancito da secoli anche nelle terre sciite la condizione di inferiorità per ebrei, cristiani, zoroastriani, buddisti. Una forte discriminazione, quotidiana e sviluppata in tante leggi, più o meno applicate. Ma non si tratta di una persecuzione aperta e violenta come avvenuto invece in Europa sulla base di teorie teologiche o razziali. Per tutti questi motivi, viene così dato l’assalto all’Edgah, il quartiere ebraico, e i suoi abitanti per avere salva la vita devono accettare la conversione. La recita della formula di sottomissione, apre il via ad una situazione ambigua che si protrarrà per almeno 120 anni.
In cosa consiste questo grande nascondimento?
Nel fatto che gli ebrei, da quel momento chiamati jadidim, cominciarono ad apparire pubblicamente come dei musulmani sia nei vestiti, che nei nomi, che nelle pratiche religiose ed in quelli alimentari. Sviluppando però una forma di resistenza identitaria all’interna delle proprie case. Inventando tutta una serie di sotterfugi e di mascheramenti che sono appunto descritti nel libro.
Che valore storico ha questa vicenda?
SI tratta di un caso unico perché avvenuto in epoca moderna e in terra d’Islam. Nel terzo capitolo approfondisco la cosa attraverso il paragone con il caso dei marrani spagnoli. Vi sono alcune analogie, ma soprattutto tante differenze. A cominciare dal fatto che i discendenti di questa storia, malgrado un lungo nascondimento e dopo un lungo “outing” sono pienamente riemersi ed oggi costituiscono una comunità ebraica pienamente riconosciuta.
Come è l’attuale situazione degli ebrei in Iran?
Rispetto ad altri paesi del Levante, qui gli ebrei godono apparentemente di diritti riconosciuti, tant’è che hanno de iure un loro rappresentante nel Parlamento. Da una altra parte la forte contrapposizione del regime islamico contro Israele e le posizioni negazioniste sulla Shoà, non sono elementi rassicuranti. Si tratta di contraddizioni tipiche di un paese che ha molte “scale di grigio”. E che appunto ha fatto sì che una intera comunità potesse sopravvivere ebraicamente, fingendosi musulmana per più di un secolo. Una situazione via via sempre più nota, e de facto accettata nella sua contraddittoria evidenza. Una situazione che ora gli estremisti dell’Isis non potrebbero minimamente concepire.