Il silenzio su Yarmouk, l’esempio della strumentalizzazione della causa palestinese

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Mario Del MonteEditor
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Medio Oriente

Il silenzio su Yarmouk, l’esempio della strumentalizzazione della causa palestinese

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Mentre l’esercito israeliano entrava a Gaza per fermare il lancio di razzi contro i suoi civili le strade delle maggiori città europee venivano invase da un’ondata di proteste contro lo Stato ebraico. Ci sono stati gravi incidenti fuori dalle ambasciate israeliane a Londra, a Parigi e a Madrid durante le marce organizzate per il supporto alla causa palestinese. Ad ognuna di queste marce l’esercito israeliano veniva accusato di genocidio e le foto di bambini palestinesi morti riempivano i social network.

Proprio mentre state leggendo in Siria si sta consumando una tragedia ma non preoccupatevi, siete giustificati per non esserne al corrente perché questa volta non ci sono migliaia di dimostranti nelle piazze europee. Nessuna marcia, nessuno che grida al genocidio, nessuna richiesta ai governi di fare qualcosa per fermare il massacro. Un silenzio assordante che fa male, soprattutto dopo aver notato che le notizie riguardanti Yarmouk, il campo profughi palestinese in Siria, hanno raggiunto i maggiori media internazionali ma l’attivismo mostrato da molti questa estate è improvvisamente scomparso.

Eppure in molti paesi europei non mancano le organizzazioni dedicate alla causa palestinese. Le sigle che spesso organizzano proteste e boicottaggi contro Israele ancora non hanno detto nulla nei loro siti web riguardo ai fatti di Yarmouk, non c’è nessun evento in programma e nessun conto corrente a cui donare fondi per gli aiuti umanitari. Il silenzio più totale.

Come è possibile? Perché solo quando c’è di mezzo Israele in migliaia si riversano nelle piazze con megafoni e cartelli? La risposta a tutte queste domande ce l’ha fornita direttamente Mahmoud Abbas nel 2013 quando dichiarò, relativamente alla situazione dei palestinesi in Siria, che “ è meglio morire in Siria che rinunciare al diritto al ritorno“. A volte viene da pensare che per alcuni sia importante manifestare solo quando un palestinese viene ucciso da un ebreo, anche se questo può significare utilizzare parole come “massacro” o “genocidio” a caso facendone perdere il significato quando veramente conta come a Yarmouk. Quelli che oggi sono in silenzio sono perlopiù coloro che questa estate amavano dire che la radicalizzazione dei giovani musulmani in Occidente è dovuta al conflitto israelo-palestinese, forse si vergognano del fatto che al momento sono proprio i giovani musulmani occidentali andati a combattere in Siria nelle fila dello Stato Islamico che stanno decapitando i palestinesi?

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