Elezioni 2015: il vero sconfitto è Obama

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Mario Del MonteEditor
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Elezioni 2015: il vero sconfitto è Obama

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La vittoria di Netanyahu alle ultime elezioni suscita almeno due domande spontanee: il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha capito di aver perso? E cosa esattamente ha perso?

Obama ha investito molte energie nell’ostacolare la campagna elettorale di Netanyahu, il Primo Ministro uscente di una nazione considerata storicamente l’alleato strategico principale nello scacchiere Mediorientale. Gli attriti fra i due risalgono a molto prima della decisione di sciogliere il Parlamento israeliano di qualche mese fa ma sono diventati palesi nel momento in cui Obama ha scelto di non incontrare Netanyahu durante la sua visita negli Stati Uniti e di opporsi al suo discorso sul programma nucleare iraniano a Washington. In questa ottica il voto degli israeliani rappresenta un vera e propria risposta ad Obama, quasi un invito a non intromettersi negli affari della nazione.

Quando Netanyahu ha promesso di non far nascere uno Stato palestinese durante il suo mandato non ha solo inviato un messaggio agli elettori, che gli ha permesso di fare quel fondamentale balzo in avanti finale, ma anche un chiaro avvertimento ad Obama che poche ore prima aveva espresso speranza verso la ripresa dei negoziati di pace.

Il Presidente degli Stati Uniti è ora in una posizione poco invidiabile: la sua volontà è quella di chiudere l’accordo con l’Iran tramite il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ma deve allo stesso tempo tenere la trattativa lontano da un Senato già scosso dal discorso di Netanyahu. A peggiorare la situazione per Obama c’è adesso la nuova posizione di forza di Netanyahu, non più Premier uscente ma saldamente al comando. Molto probabilmente Obama si aspettava una vittoria di Herzog, candidato molto più malleabile di Netanyahu sulla questione palestinese, in modo tale da poter andare di fronte ai microfoni a dire: avevo un problema con l’ex Primo Ministro, ora non c’è più e tutto può tornare alla normalità.

Cosa significa invece normalità ora che Herzog ha fallito? La tensione costante sarà la nuova normalità? E se non fosse questo il caso, chi avrà l’onere di compiere il primo passo per tornare a rapporti pacifici? Sicuramente non Obama, un uomo che fino ad oggi si è dimostrato molto poco propenso ad ammettere i propri errori soprattutto sul piano della politica estera. Inoltre Obama deve fare i conti con un Senato a maggioranza Repubblicana, totalmente insoddisfatto nei suoi confronti e, soprattutto, galvanizzato per l’ultimo risultato elettorale di Novembre. Finora Obama non ha offerto nessun tipo di compromesso su qualsiasi questione strategica: ha scelto la politica dell’appeasement con gli iraniani nonostante l’opposizione bipartisan del Senato, sta tentanto in tutti i modi di salvare la riforma sanitaria Obamacare dall’annullamento da parte della Corte Suprema e, infine, ha deciso di ritirare gran parte delle truppe americane dal Medio Oriente in un momento in cui gli estremisti islamici sono entrati in una fase di “guerra totale” all’Occidente.

A queste condizioni il suo atteggiamento nei confronti di Israele si preannuncia estremamente duro e complicato e si intreccerà con la prossima campagna presidenziale americana del 2016, un’elezione in cui sarà presente una nuova generazione di politici pro-Israele Repubblicani pronti a sfidare Hillary Clinton che probabilmente rappresenterà i Democratici. Si preannuncia una corsa elettorale dall’esito incerto, proprio come l’ultima avvenuta in Israele.

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